Solo di recente, la coscienza occidentale ha cominciato a cogliere l'estensione e la profondità del martirio cristiano lungo il secolo scorso. In proposito, lo storico Andrea Riccardi ricorda il ruolo determinante di Giovanni Paolo II, il quale «aveva vivissima la convinzione che le persecuzioni subite dai cristiani nel XX secolo fossero state tanto gravi quanto quelle dei primi secoli».
Già segnata profondamente dal dramma polacco, «la visione wojtyliana del martirio non era limitata all'Europa e ai totalitarismi. Giovanni Paolo II intendeva recuperare la memoria del martirio dei cristiani novecenteschi d'ogni Paese. Ne fece un obiettivo peculiare per il grande Giubileo del 2000 e incaricò un'apposita commissione per raccogliere documentazione in proposito e comporre un catalogo dei "nuovi martiri"».
Si è così aperta nella Chiesa una riflessione spirituale che continua ad approfondirsi. La testimonianza dei nuovi martiri è stata molto evidenziata anche da Benedetto XVI, che in un intervento del 2008 presso la basilica romana di San Bartolomeo all'Isola ha in particolare «stabilito una continuità tra il "secolo del martirio", il Novecento, e il XXI secolo, che continua a registrare una pesante persecuzione dei cristiani». Papa Francesco, fin dall'inizio del pontificato, ha a sua volta «sviluppato la riflessione di Giovanni Paolo II, mostrando come dalla testimonianza dei martiri delle varie tradizioni cristiane discenda un "ecumenismo della sofferenza"», ricorda Riccardi. Questo messaggio è stato lanciato con forza il 10 maggio 2013, durante la visita in Vaticano del patriarca copto - ortodosso Tawadros II.
Daniele Zappalà
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