Cresce nel mondo il sostegno alla moratoria della pena di morte. La Terza Commissione dell'Assemblea generale, quella che si occupa dei diritti umani, ha approvato la risoluzione che invita gli Stati membri a sospendere le esecuzioni con 114 si. Hanno votato contro 36 Paesi, con 34 astenuti.
Il voto ha confermato il trend che ha visto crescere progressivamente il consenso sul documento che non ha valore vincolante ma forte peso morale. Due anni fa un testo simile di risoluzione aveva riscosso meno sì, con 41 no, mentre gli astenuti erano stati egualmente 34. Stavolta la risoluzione ha raccolto 95 co-sponsorizzazioni: sono saliti a bordo all'ultimo momento oltre al Nicaragua e al Turkmenistan, uno del "Grandi", vale a dire la Russia. La risoluzione viene messa ai voti ogni due anni: la ratifica dell'Aula è attesa a dicembre. Prima del voto, anche a nome della Ue, il Rappresentante permanente d'Italia all'Onu Sebastiano Cardi aveva espresso l'auspicio per una adozione della risoluzione «con il massimo consenso possibile».
«Il voto della notte scorsa alle Nazioni Unite - è stato il commento del ministro degli Esteri Paolo Gentiloni - rappresenta un ulteriore passo avanti nella battaglia di civiltà a favore della moratoria universale della pena di morte, che vede l'Italia protagonista ormai da anni, anche attraverso un'incisiva azione della società civile, in particolare della Comunità di Sant'Egidio, di Amnesty International, di Nessuno Tocchi Caino e di tutti coloro che si sono impegnati in questa campagna. Il nuovo ottimo risultato è frutto dell'impegno congiunto del nostro Paese e dei partner europei ed internazionali». Grande soddisfazione è stata espressa anche dalla Comunità di Sant'Egidio.
Il presidente Marco Impagliazzo ha auspicato che «la forte spinta abolizionista registratasi in Commissione convinca i paesi che ancora mantengono la pena capitale nel loro ordinamento a cambiare opinione quando, a dicembre, l'Assemblea Generale sarà chiamata a votare la risoluzione». Per Mario Marazziti, presidente del Comitato per i diritti umani della Camera dei deputati «il mondo conferma che la pena di morte, se lo è mai stato, è uno strumento di giustizia del passato. E che non c'è giustizia senza vita. Perché la giustizia che uccide smette di essere giustizia».
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