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28 Février 2015

Siria e Iraq

Il difficile compito di evitare la fine dei cristiani d'Oriente

Se le stragi e gli esodi proseguiranno, il mondo musulmano diventerà totalitario, come vuole il Califfato. Ma non si può assistere inerti. È necessario che la comunità internazionale trovi la via dell'intesa per poter «imporre» la pace

 
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I cristiani dei villaggi intorno ad Hassaké, ìn Siria, sono stati rapiti dai miliziani dell'Isis (alcuni sembra siano stati uccisi). È l'ultimo atto della più che millenaria storia cristiana in Siria. Molti cristiani fuggono, alcuni scelgono di difendersi, affiancandosi ai curdi. Nelle terre del califfato non c'è più spazio per loro. In Iraq, le truppe fondamentaliste hanno scacciato i fedeli cristiani dalla valle di Ninive e dalla città di Mosul. Uno Stato totalitario musulmano non può accettare queste minoranze che, invece, sono sopravvissute a tutti i regimi islamici dal primo millennio. Anche le tracce del Cristianesimo vanno cancellate: sono divelte le croci, bruciate le chiese e perfino le preziose biblioteche cristiane di Mosul. In questa città, qualche settimana fa, è stato arrestato un libraio che vendeva anche testi cristiani. Sì, i cristiani sembrano rendere «impura» la terra redenta del totalitarismo musulmano.
Siamo alla fine dei cristiani d'Oriente? In Siria e Iraq, sembra proprio di sì. Pochi cristiani restano in quel 40% della Siria controllato da Assad: a Damasco e ad Aleppo, assediata e quasi isolata. Forte è l'attaccamento di queste comunità alle loro terre ancestrali, tanto da sfidare l'umiliazione di essere cittadini di seconda categoria per secoli, nonostante il loro contributo storico alla civiltà araba. Ormai chi può si rifugia in Libano o altrove. Ma anche il Libano è tanto fragile, con un milione e 435 mila rifugiati siriani, mentre non riesce a trovare il consenso necessario per eleggere il presidente. Nonostante tutto, esso è ancora lo spazio più libero e sicuro per i cristiani mediorientali, con le loro università e istituzioni, e i patriarcati. Ma il futuro del Libano è profondamente incerto.
Esiste in Egitto una grande comunità cristiana, i copti, con quasi otto milioni di fedeli: il 14 per cento della popolazione del Paese. Questa è la più grande Chiesa cristiana nel mondo arabo, con un importante radicamento popolare, e forte vitalità. L'Isis ha voluto sfidarla in modo plateale, uccidendo 21 lavoratori copti sulle rive del Mediterraneo in Libia. È stato un assassinio che ha fatto tremare i cristiani di tutto il mondo arabo: era un avvertimento? I copti egiziani hanno recentemente vissuto tempi difficili, durante il governo del presidente Morsi, ma ora appoggiano con decisione il presidente Al Sisi, considerandolo una garanzia essenziale per il loro futuro. Il patriarca copto Tawadros e il gran Imam di Al Azhar, Al Tayeb, formano un fronte religioso moderato che sostiene l'attuale corso politico in Egitto. Molti si interrogano su quale sarà il futuro dei copti se i fratelli musulmani dovessero riemergere sulla scena politica.
In ogni modo, i copti giocano realisticamente la loro partita per la sopravvivenza. Del resto, i cristiani d'Oriente hanno avuto timore delle primavere arabe. Sono vicini al presidente Assad in Siria, considerandolo un baluardo contro il fondamentalismo. In Egitto, i copti sono stati consapevoli dell'ambiguità del raìs Mubarak, che si atteggiava a loro protettore ma i cui servizi colpivano la chiesa copta dei Santi ad Alessandria d'Egitto. Tuttavia Mubarak sembrava loro una garanzia rispetto al caos. È il realismo doloroso dei cristiani d'Oriente, spesso alla ricerca di un difensore, fossero i regimi arabi o l'occidente. I cristiani orientali vengono da una storia tanto dolorosa.
Il Novecento si è aperto con la strage degli Armeni e dei cristiani nell'Impero ottomano nel 1915: 1,5 milioni di morti. I cristiani erano circa il 18 per cento della popolazione anatolica, e sono quasi tutti scomparsi. I perseguitati di Hassaké in realtà discendono da cristiani dell'Anatolia rifugiatisi in Siria dopo la Prima guerra mondiale. Contavano sulla protezione della Francia, potenza mandataria; hanno vissuto nella Siria indipendente come una minoranza, rispettata anche se discriminata. Ma ora l'esodo riprende.
Senza cristiani il mondo arabo musulmano non sarà più lo stesso: diverrà totalitario. È quanto il califfato vuole. Ma è la fine di un mondo. Rischiano di scomparire gli ultimi discendenti delle comunità cristiane delle origini. La liturgia dei cristiani siriaci ha una forte connessione con la tradizione ebraico-aramaica. Non finisce, però, qualcosa di archeologico. Si mette in discussione la possibilità di convivenza tra cristiani e musulmani. Si dà voce a quanti sostengono l'incompatibilità totale dell'Islam con il Cristianesimo. La storia non conferma questa incompatibilità, anche se la convivenza è stata difficile.
Quello che avviene sotto i nostri occhi è assurdo sotto tanti profili, Nel mondo globale, dove popoli diversi si mischiano, appare evidente la follia di questa pulizia religiosa. Viene da chiedersi che fare. Bisogna riportare la pace in Siria, e ricostruire il Paese. La comunità internazionale (Occidente, Russia, Turchia, Paesi Arabi), deve trovare la via dell'intesa, senza cui è impossibile «imporre» la pace. Il cessate il fuoco su Aleppo, accettato dal presidente Assad nel colloquio con l'inviato Staffan de Mistura, è un inizio. Ma non si può perdere tempo. La fine dei cristiani d'Oriente è l'ultimo segno di un mondo che crolla. Non possiamo assistere inerti.

Andrea Riccardi


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