Appuntamento ieri al santuario della Vergine di Pompei per un confronto e una riflessione sul mondo del volontariato penitenziario. Promosso dai cappellani delle carceri campane è il primo incontro che riunisce storie di vita personale e familiare, di rapporti sociali e di comunità. Il tema del convegno, "Educati al servizio per annunciare la speranza", evidenzia l'importanza del volontariato nelle carceri come una scelta coraggiosa e impegnativa, capace di diventare autentica evangelizzazione dell'uomo. Missione seguita dai cappellani: evangelizzare il mondo del penale vuol dire mettere al centro il detenuto e formare la coscienza delle persone al recupero dei veri valori umani e religiosi, morali e sociali.
Stimolo e coscienza critica della società, il volontariato impegnato nella giustizia, ha sottolineato don Raffaele Grimaldi, Delegato regionale dei cappellani carcerari, alimenta percorsi formativi, sperimentazioni concrete perché riconsegnino il carcere al territorio e alle libere iniziative della comunità civile. Il recluso infatti non è un escluso dalla società.
Motivo per cui, hanno sottolineato Pasquale Cascio, vescovo di Sant'Angelo dei Lombardi-Conza-Nusco-Bisaccia e delegato della Cec per le carceri, e l'arcivescovo di Pompei, Tommaso Caputo, il volontariato ha un rapporto personalizzato con le persone detenute per accompagnarle nella crescita della propria coscienza e nell'inserimento sociale, che sono poi gli obiettivi principali per cui è nato.
Azioni, e scelte, ampiamente illustrate da Stefania Tallei, responsabile nazionale del Servizio carceri della Comunità di Sant'Egidio, e che Francesco Cascini, vice capo Dipartimento degli affari di giustizia, ha positivamente commentato.
Il servizio che il volontariato, la riflessione di Tommaso Contestabile, provveditore Amministrazione penitenziaria, offre alle istituzioni carcerarie è altamente qualificato grazie anche al cambiamento in atto, dovuto in particolare alla diminuzione del numero di detenuti.
Dal convegno la richiesta di lavorare a fondo sull'organizzazione degli istituti penitenziari, quindi cercare di migliorare qualitativamente la vita dei detenuti, dello stesso personale, creando spazi dove il detenuto possa socializzare con gli altri, con la società esterna, perché è fondamentale che la cella ritorni a quello che fu previsto nella legge del '75, soltanto a luogo di pernotto. Restano però i nodi storici: le pene alternative e l'accompagnamento del detenuto dopo l'uscita dal carcere.
Valeria Chianese
|