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1 Juillet 2015

L'agenda Ue sui migranti dimentica i diritti umani

Appello delle associazioni: stop a euroegoismi

 
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No all'indebolimento dei diritti. No all'accoglienza che non si fa integrazione e alla reclusione dei richiedenti asilo nei nuovi centri per l'identificazione ipotizzati dal Consiglio d'Europa. No quindi ad un'Europa ripiegata su se stessa e alle «contraddizioni» della sua politica «non condivisa» sull'immigrazione. Per questo accettare l'agenda Ue sarebbe «un grave errore», soprattutto se il governo approvasse il decreto legislativo che attua due direttive sull'accoglienza e la protezione internazionale (n.32 e 33 del 2013). Alle parole frontiere e paura, così la commissione Diritti umani del Senato insieme a Caritas italiana, Centro Astalli, Acli, Sant'Egidio e Chiese evangeliche risponde con il rispetto della persona. Il grande assente, affermano, del testo in discussione in Parlamento. Perciò i senatori e le associazioni che si occupano degli stranieri chiedono a Bruxelles, in un documento condiviso, «una contro agenda in grado di realizzare un sistema condiviso e, allo stesso tempo, articolato in tutti i Paesi membri».
La questione di fondo è che non solo l'Italia rischia di dover fare l'azione peggiore - cioè quella di espulsione dei migranti - ma soprattutto di mettere in campo un sistema in chiara violazione dei diritti umani. Il testo delle direttive, infatti, estende la possibilità di trattenere nei Cie fino a 18 mesi i profughi nel caso sussista pericolo di fuga. «Si rischia così - dicono le associazioni - di dover trattenere tutti coloro che dichiarano di non voler stare qui». Cioè la maggior parte, 110mila nel 2014. La realtà è che si è di fronte «al fallimento di un'Europa che non riesce a trovare un approccio comune» ricorda il direttore di Caritas italiana, monsignor Francesco Soddu durante l'incontro di ieri a palazzo Madama, e c'è «un'isteria diffusa che ha contagiato tutta l'Unione» dove un manipolo di profughi «ha messo in crisi le relazioni tra Italia e Francia». La «contro agenda euromediterranea», invece dovrebbe tener conto del contributo dei Paesi d'origine e transito dei migranti e dei diritti umani.
Il decreto legislativo invece «è un passo indietro», i Cie «assistono a una nuova primavera», mentre l'indagine della Commissione del Senato «ha dimostrato che in questi luoghi i diritti umani non sono tutelati». Non usa mezzi termini il presidente Luigi Manconi, secondo cui con gli hub regionali si rischia «l'indebolimento del sistema di protezione». La questione di fondo è appunto l'aver introdotto una possibile reclusione per persone che non hanno commesso alcun reato. Il governo «ci deve spiegare perché stiamo firmando questo accordo, peggiore del regolamento di Dublino», si chiede Berardino Guarivo direttore progetti del Centro Astalli. Non si possono combattere i populismi «cercando di accontentarli - continua - ma dobbiamo tenere la sbarra dritta e seguire la nostra Costituzione». La verità è che l'Europa propone un approccio «miope e securitario»; poi con questo decreto, gli fa eco il responsabile immigrazione delle Acli, Antonio Russo, «il regolamento di Dublino ne esce rafforzato» restringendo ancor più la solidarietà tra gli Stati. Oggi invece sembra che l'Ue degli steccati e delle fobie abbia vinto ancora. «Continuiamo ad alzare muri», è la conclusione del pastore Massimo Aquilante, presidente della federazione Chiese evangeliche, mentre avremmo bisogno di una «nuova politica europea» in cui «accoglienza e integrazione viaggino insieme».


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