«Una band con i migranti per essere più uniti»

Festa al Ducale per la conclusione del progetto di Sant'Egidio che ha coinvolto 2000 ragazzi
Gli studenti hanno visitato i centri che ospitano i profughi. «La cultura del sospetto va abbattuta»

«Vogliamo e dobbiamo aiutare questi ragazzi. Sono giovani come noi, con i nostri stessi sogni e le nostre passioni». Ilaria Nucifora, 22 anni, è una delle tante giovani che ieri, a Palazzo Ducale, hanno partecipato alla festa per la conclusione del progetto "Costruire ponti, costruire il futuro", organizzato dalla comunità di Sant'Egidio con la collaborazione di decine di volontari genovesi desiderosi di «abbattere la cultura del sospetto e della paura e consolidare il dialogo con i migranti che arrivano sulle nostre coste». Non solo parole, ma anche musica: «I gruppi musicali sono certamente ponti che ci uniscono - dice Roberta Chiossone, laureanda in Giurisprudenza - Una parte del progetto consisteva nel visitare i centri in cui sono ospiti i profughi, tra cui anche quello al San Martino. Lì abbiamo avuto modo di conoscere un gruppo di ragazzi appassionati. Alcuni di noi hanno messo su con loro una band, la Eurafricans Gang Stars».
Andrea Chiappori, responsabile della Comunità di Sant'Egidio, è soddisfatto: «Il progetto ha ottenuto risultati straordinari e mobilitato centinaia di persone. I migranti sono andati in 11 scuole genovesi a raccontare le proprie storie a una platea di 2000 studenti. Storie di vita e di sofferenza, ma anche di speranza. Cento volontari universitari hanno fatto il percorso inverso, visitando i centri di accoglienza offrendo amicizia e sostegno, ad esempio con i corsi di italiano. Corsi che in 33 anni di attività hanno coinvolto più di 18 mila alunni. Poi sono state organizzate altre iniziative come le "scuole della pace", incontri rivolti alle aree periferiche della città».
Recentemente, grazie proprio agli incontri con i migranti, è nato un ulteriore progetto: «Siamo riusciti a portare un gruppo di profughi nella Rsa Brignole di Castelletto - dice Giulia - Hanno incontrato gli ospiti della struttura. Ci sono stati tanti baci e abbracci: è stato bellissimo. La dimostrazione di affetto da parte degli anziani genovesi è stata incredibile». Nel corso dell'anno è stato bandito anche un concorso per la realizzazione di un film: «Le idee dei corti sono state trovate proprio durante gli incontri nelle scuole per il progetto "Storie di una diversa giovinezza" - dice Sergio Casali della comunità di Sant'Egidio - È stata premiata la 4G del Leonardo da Vinci».
Applausi a non finire, nella sala del Maggior Consiglio, per i protagonisti di questa esperienza di scambio interculturale: «Devo ringraziare tanto i ragazzi e le ragazze genovesi che in questi mesi mi sono stati vicino - dice Yaya Kongira, sbarcato in Italia un anno e 8 mesi fa - La mia storia è come quella di tanti altri: sono scappato dal mio Paese perché non ero più al sicuro. È stato difficile e pericoloso, soprattutto in Libia per via della guerra civile e dei trafficanti di esseri umani. Adesso mi batto per avere il riconoscimento dello status di rifugiato. Ma non è semplice: non ho documenti che provano la mia militanza politica in Gambia. Il problema è che se torno là per me è finita. Sono comunque contento: sono sopravvissuto e questo mi rende felice». Sorride anche Waheed Niazi, scappato da Kabul quando aveva 13 anni: «È stato mio zio a dirmi di andare via, per il mio bene. Il viaggio è durato un anno. Ho attraversato l'Iran, la Turchia e la Grecia. In Italia ho trovato la serenità e sono tornato a scuola. In Afghanistan avevo fatto solo un anno: gli istituti erano stati rasi tutti al suolo».


[ Pablo Calzeroni ]