Orrori dell'Olocausto. Una marcia per ricordare

Una marcia in memoria della Shoah

Dobbiamo essere grati a Ferdinando Camon per la riflessione, pubblicata su "Il Mattino di Padova", "La tribuna di Treviso", "La Nuova di Venezia e Mestre" e il "Corriere delle Alpi" a proposito dei fatti inquietanti di questi giorni, dopo il fotomontaggio degli ultras di una squadra di serie con Anna Frank vestita dei colori di una compagine avversaria.
Esprime la profonda e condivisibile preoccupazione per le conseguenze sul nostro futuro di una crescente ignoranza della Shoah.
Camon conobbe Prìmo Levi: il dialogo tra loro è raccolto in un libro molto bello che vale la pena rileggere oggi.
C'è un'urgenza: che non si dimentichi l'orrore dei campi di sterminio. Occorre riprendere coscienza che dopo le guerre mondiali, la costruzione di un'Europa democratica e finalmente pacificata partì da Auschwitz, ossia dal rifiuto della Shoah.
Mentre scompaiono gli ultimi testimoni, non possiamo dare nulla per acquisito una volta per tutte: assistiamo al riemergere di demoni che sembravano per sempre debellati.
Oltre al terrorismo, troppe manifestazioni di odio e di violenza. Per definirle dobbiamo chiamarle per nome, con estrema precisione: razzismo, fascismo, neo-nazismo, antisemitismo.
È rischioso dire che sono fenomeni circoscritti: sappiamo che tali derive possono diffondersi rapidamente, anche attorno a noi. Bisogna ricordare: come ha detto di recente Andrea Riccardi, "la memoria della Shoah ...resta decisiva per dare il senso verace della vita, della storia e della responsabilità, come una bussola verso il futuro".
Da ventiquattro anni, per iniziativa della Comunità di Sant'Egidio e della Comunità ebraica, una marcia silenziosa ricorda la deportazione degli ebrei romani, avvenuta il 16 ottobre 1943. Il titolo della marcia "Non c'è futuro senza memoria" rimanda a una convinzione profonda di Primo Levi: colui che dimentica il proprio passato è condannato a riviverlo.
Da cinque anni anche a Padova il 3 dicembre, un "pellegrinaggio della memoria" si snoda per le vie del centro per ricordare il prelevamento degli ebrei della città e l'apertura del campo di concentramento di Vo'Euganeo. Il 17 luglio 1944, i 47 internati del campo furono deportati ad Auschwitz. Solo tre donne tornarono.
Sono eventi forse lontani nel tempo ma certo non nello spazio: ce lo richiamano le "pietre d'inciampo" ora incastonate davanti alle porte delle abitazioni in cui vissero le vittime padovane della Shoah. Il loro nome, cioè la loro vita, che l'idolatria nazista voleva cancellare, era quella persona, quel figlio, quel padre, quella madre. Queste vicende terribili sono storia della nostra città.
La marcia allora non è esercizio di memoria polverosa, come certe lapidi dimenticate, né un'occasione di mondanità culturale, ma è il ricordo di una storia dolorosa che appartiene a tutti e che ci richiama a una coscienza rinnovata. Solo ricordando e vigilando sarà possibile arginare il veleno dell'odio razzista.
Sarebbe bello ci fosse tanta gente per strada il prossimo 3 dicembre a Padova, generazioni diverse unite insieme: i pochi che hanno vissuto quel periodo terribile ed i tanti che possono solo immaginarlo.
Una marcia che unisce cristiani ed ebrei, in un'amicizia che in questi anni si è intessuta proprio nel rifiuto di questa barbarie. Una memoria di popolo, custodita dalle nuove generazioni, per costruire la Padova di domani come città della pace e dell'integrazione.


[ Mirko Sossai ]