Dal Sinodo il grido di dolore delle famiglie del Medio Oriente. Il patriarca di Antiochia dei Siri, Ignace Youssif lll Younan, lancia l'allarme: «I cristiani nel nord Iraq e in Siria sono a rischio di sterminio». Il patriarca di Babilonia dei Caldei, Luois Rahael I Sako, gli fa eco: «La comunità internazionale non può restare indifferente di fronte al dramma di tanti innocenti». E il patriarca latino di Gerusalemme, Fouad Twal aggiunge la sua voce a quella dei propri confratelli: «Insieme alle case bisogna ricostruire la fiducia delle persone. Che uomini e donne saranno domani i bambini di Gaza che in sei anni hanno vissuto tre guerre?».
Parole che risuonano accorate, nell'aula dell'Università Urbaniana dove i tre patriarchi (avrebbe dovuto esserci anche il maronita Bechara Rai, ma all'ultimo minuto è stato trattenuto da impegni sopravvenuti) si ritrovano a convegno, su invito della Fondazione Vaticana "Centro Internazionale Famiglia di Nazaret" e del Pontificio Consiglio per la famiglia. E così le ansie e le speranze dei cristiani del Medio Oriente, oltre che nell'Aula sinodale, risuonano anche in questa sede.
«Quello che state vivendo- afferma l'arcivescovo Vincenzo Paglia, presidente del dicastero vaticano per la famiglia - ci rende ancora più vicini a voi. Anche perché, essendo la fede giunta dall'Oriente fino a Roma, tutti noi siamo spiritualmente figli vostri». Di qui la necessità di non abbandonare al loro destino quanti soffrono a causa del folle disegno terrorista dell'Is o della guerra ammantata di regioni religiose.
«Tuttavia - precisa Younan - non siamo qui per chiedere elemosine, ma per riaffermare il nostro diritto a vivere in una terra in cui siamo presenti da migliaia di anni». Fra i tre patriarchi, il capo della Chiesa Siro Cattolica è quello che usa le espressioni più nette. «L'Occidente ci ha tradito - afferma - . Forse perché non abbiamo il petrolio, non siamo terroristi che si fanno esplodere in mezzo alla gente e quindi non interessiamo alle grandi potenze. Ma se andiamo avanti di questo passo, il mondo assisterà, giusto cento anni dopo, a un altro genocidio come quello degli armeni del 1915».
I tre patriarchi mettono però l'accento sulla testimonianza dei cristiani. «Se chi è stato cacciato avesse pensato solo alla propria tranquillità, avrebbe potuto salvarsi convertendosi all'islam. Nessuno ha voluto farlo. Perché non di solo pane vive l'uomo». «Noi - conclude Sako - resteremo dove siamo, anche come un "piccolo resto". Perché abbiamo una missione: testimoniare la fede cristiana nel mondo musulmano».
Un appello che è stato prontamente raccolto, a nome degli oltre 200 presenti, da Salvatore Martinez, presidente della Fondazione Vaticana "Centro Internazionale Famiglia di Nazaret", presente al convegno insieme con Vincenzo Morgante, direttore della TgR Rai, il quale ha fatto da moderatore. «La storia - ha ricordato - non è in mano a potenze oscure, al caso o alle sole scelte umane. Sullo scatenarsi di energie malvagie, sull'irrompere veemente di Satana, sull'emergere di tanti flagelli e mali, si innalza il Signore. Dio non è indifferente alle vicende umane, ma in esse penetra realizzando i suoi progetti e le sue opere efficaci. Ma ha bisogno di noi. Conta su di noi». Di qui il suo invito: «C'è un Vangelo della famiglia che va proclamato, accolto, testimoniato. Il Vangelo del martirio della famiglia è anche il Vangelo della sua risurrezione». Per questo il Centro Famiglia di Nazaret, voluto da Benedetto XVI, intende «porsi a fianco alle famiglie di queste benedette e martoriate terre medio orientali, per offrire sostegno ed assistenza». Martinez, però, ha anche richiamato il valore della preghiera: «Sono gli uomini e le donne della preghiera - ha concluso - i costruttori di pace, che non chiudono gli occhi dinanzi al male, ma vogliono vincere il male con il bene».
Mimmo Muolo
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