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14 Maggio 2013

Risparmiano tutto per inviare il denaro in patria: e mangiano dove e come possono

La "pausa pranzo" delle badanti in fila alla tavola di Sant'Egidio

 
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«LO SCRIVA pure: sono un'ex badante disperata»,  racconta, prima di addentare le orecchiette al pesto alla mensa del Convento del Padre Santo, in piazza dei  Cappuccini, a due passi da Corvetto. «In borsa ho un panino. L'ho recuperato in un' altra mensa poco fa, lo  tengo per questa sera. Quando riesco mi arrangio così.  Altre volte la cena salta. Non racconto storie: guardi qui», e si china ad aprire la tracolla. Viene dalla Moldavia ed è in Italia per mantenere il figlio, che studia Economia negli Stati Uniti. Il suo nome non lo rivela, ma qualche chiacchiera tra un'orecchietta e l'altra, a tavola, la fa volentieri.

È parte dell'esercito delle badanti che ormai affolla le mense dei poveri in città: anche per loro l'età dell'abbondanza è 
finita e spesso, perso il lavoro o venuta a mancare la persona che assistevano, non resta che la strada. «Qui  troviamo almeno per un'ora un luogo accogliente e un pasto caldo. In certe mense, a volte, un ospite su tre è una di noi», continua. «Aumentano di mese in mese - spiega Walter, uno dei volontari che gestiscono la mensa - Sono silenziose, arrivano in gruppo e stanno tra di  loro». «Alcune - aggiunge Roberta Graffione, responsabile del centro di Sant'Egidio della Nunziata - me le ricordo anni fa, quando sono arrivate in Italia e venivano qui a  mangiare. Poi le abbiamo perse di vista,  perché hanno trovato lavoro e hanno cominciato a vivere bene. Ora le vedo tornare». Spesso un lavoro ce l'hanno ancora, ma con orario ridotto, e la paga non basta per mantenersi: «Anche perché la loro priorità è mandare i soldi alla famiglia - continua Graffione - inviano tutto quello che guadagnano, e qui  cercano di risparmiare su ogni cosa: mangiare in mensa è un grande aiuto».

Così, tra i "nuovi poveri", accanto a quelli italiani, in coda ci sono anche loro. «Vengo qui da 3 mesi - riprende la giovane moldava - Sono a Genova da tanto, ho lavorato per 4 anni da due signon,  
ma poi sono rimasta a spasso». Vive come un fantasma, riducendo le spese al minimo. «Per fortuna ho un'amica che mi ospita: dormo da lei, la mattina  esco e sto tutto il giorno in giro. Cammino, passo in qualche internet point, leggo, studio il francese». Beve un sorso d'acqua. «Pensi che in Moldavia facevo la prof. Ma lo stipendio non mi bastava per pagare gli studi a mio figlio, e così sono partita. Qui all'inizio guadagnavo  bene, ora è un disastro. Per fortuna ho appena trovato una sostituzione di un mese. È dura, in pochi accettano di fare contratti regolari: sanno che siamo disperate e se ne approfittano. Meno male che ci sono questi posti, dove, tra un pezzo  di pane e un piatto di pasta,troviamo un po' di umanità».

 (g.d. e val.ev.)


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