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Corriere della Sera - Ed. Roma

14 Maggio 2014

Alganesh Fessaha, vincitrice dell'Ambrogino d'oro

«Io, cristiana ed eritrea chiedo di fermare la strage degli innocenti»

 
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«Basta chiudere gli occhi e le orecchie: il massacro di esseri umani che muoiono in mare, nel deserto o per motivi religiosi, in qualche modo, deve essere fermato. I potenti del mondo non possono più ignorare questo dramma». Alganesh Fessaha, 50 anni, eritrea nata ad Asmara, è un'eroina cristiana: da anni si batte in prima linea, al di là di religioni e culti diversi, per aiutare da Lampedusa al Medio Oriente, passando per l'Egitto e il Corno d'Africa chi tenta di fuggire dall'inferno della povertà e della fame e finisce vittima delle organizzazioni criminali. Il suo messaggio di solidarietà da Assuan, a sud dell'Egitto, arriva dritto al cuore in attesa della fiaccolata organizzata al Colosseo domani sera (ore 19.45) dalla Comunità di Sant'Egidio e dalla Comunità Ebraica di Roma, in collaborazione con il sindaco Marino, per ricordare i cristiani perseguitati e uccisi dall'odio dei movimenti estremisti.
Alganesh nel 2013 ha vinto l'Ambrogino d`oro per lo straordinario lavoro svolto a favore dei profughi. E tante volte ha rischiato la vita: è appena tornata dal Sinai, zona nella quale sono tenuti in carcere centinaia di africani: «Dalle prigioni egiziane abbiamo già liberato 3.500 persone che sono state rimandate in Etiopia dove sono considerate rifugiati politici racconta al telefono - ma ci sono ancora centinaia di uomini, donne e bambini in mano ai trafficanti: li hanno rapiti e chiedono da 30 a 50 mila dollari di riscatto». E se le famiglie non pagano «loro li torturano, li ustionano con ferri roventi e li tengono incatenati - precisa l'attivista -. Per loro è un commercio, ma il rapimento è contro la fede e contro il Corano». Ad aiutare Alganesh, che ha fondato la Ong «Gandhi» a Abidjan (Costa d'Avorio), con sedi anche in altri Paesi africani, ci si è messo pure uno sceicco beduino del Sinai: «L'ultima liberazione risale a qualche mese fa - sottolinea Alganesh -. Alcuni sopravvissuti mi hanno raccontato che su un paio di loro amici è stato prelevato da un medico un rene come riscatto. Poi però i due si sono sentiti male e sono morti in pochi giorni».
Secondo l'esperta «è fondamentale dare un futuro a questa gente». Per questo la sua Ong fa corsi di formazione per aiutarli a trovare un lavoro. Alganesh, che negli anni '70 ha studiato Scienze politiche a Milano e poi in India Medicina ayurvedica, cita papa Francesco facendo notare che «non ci deve essere indifferenza globalizzata» e che «l'opinione pubblica, anche grazie al grande lavoro della Comunità di Sant'Egidio e della Comunità Ebraica, deve reagire di fronte ai crimini disumani di Boko Haram che ha rapito le ragazze nigeriane». Ma tra le tristi storie vissute, Alganesh ricorda quella di una donna incinta morta qualche mese fa, tra le sue braccia, nel tentativo di fuggire dall`Egitto in Israele. E l'attivista non riesce a darsi pace anche per l'ultimo naufragio nel Mediterraneo: «Ho paura che un ragazzo, che mi aveva telefonato una settimana fa, possa essere affogato la scorsa notte sulla rotta tra la Libia e Lampedusa - osserva con voce rotta dall'emozione. Vi prego: fermiamo questo massacro di innocenti».


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