Helen con i figli Bilen, Delina e Esrom; Dehab, con Henry e Diyana; Hiweth con i suoi piccoli Eyob, Melat e Danayit; Alexander, Merawi, Menken, Habeba; Hagos e Bimnet, con gli alunni della loro classe; Milit e altri 6 diaconi della Chiesa eritrea. Tutti annegati nelle acque davanti a Lampedusa il 3 ottobre 2013 insieme ad altre 366 persone. Morte cercando un futuro migliore per sé e le proprie famiglie, «morte di speranza». Domenica 22 giugno, ad un anno dalla visita di Papa Francesco a Lampedusa, la Comunità di Sant`Egidio si è riunita nella basilica di Santa Maria in Trastevere per fare memoria dei 20.811 morti degli ultimi 12 mesi. La veglia, presieduta dal cardinale Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio Consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti, quest`anno alla settima edizione consecutiva, è stata organizzata da Sant`Egidio insieme all`Associazione Centro Astalli, Caritas Italiana, Fondazione Migrantes, Federazione Chiese Evangeliche in Italia, alle Acli e alla Comunità Papa Giovanni XXIII.
L`elenco di quanti hanno perso la vita, deposto ai piedi della Croce di Lampedusa davanti all`altare - costruita col legno dei barconi arrivati sull`isola siciliana - non ha bisogno di parole: Haifa, Samira e i piccoli Ahmed, Aisha e Saadia di 5 e 8 anni, annegati insieme ad altre 7 persone il 26 luglio 2013, vicino a Kos, in Grecia. Violet, Ruth, Robert con altre 7 donne e 21 uomini nigeriani, morti in seguito al rovesciamento di un gommone, il 28 luglio 2013. Armia, copto egiziano, morto il 10 agosto 2013 mentre tentava di raggiungere le coste siciliane insieme ad altri 5 connazionali: erano a pochi passi dalla riva ma sono annegati perché non sapevano nuotare. Con sé Armia aveva il Vangelo e una croce, che stringeva tra le mani. «Il mare Mediterraneo, che da sempre rappresenta un crocevia di popoli e culture - ha detto il cardinale Vegliò durante l`omelia - si è trasformato in una mappa di croci invisibili, sepolte negli abissi, in una via di morte. Siamo noi capaci di custodirci gli uni con gli altri? Perché l`ospitalità non è un dovere, ma un diritto degli altri verso ognuno di noi, eletto dalla grazia del Signore alla possibilità di accogliere una Sua immagine nel migrante e nel rifugiato che domandano accoglienza».
Così sono stati ricordati Mohammed e altri 12 dispersi per il capovolgimento di una barca di fronte a Ceuta, in Spagna, il 17 settembre 2013. E Michael, Abdou, Diawoi, Adnan, Tarek, Haifa e Imad, annegati nel canale di Sicilia 1`11 ottobre insieme a 188 profughi provenienti dalla Siria i cui corpi non sono stati mai recuperati. Ma anche George, Robert, Philip, Saidè, morti di sete nel deserto di Tamanrasset, in Algeria, con altri 83 profughi, il 28 ottobre 2013. Per ogni naufragio è stata accesa una candela.
Elisa Storace
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