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11 Luglio 2014

La difficoltà di un dibattito aperto in Italia: «Non facciamo che radicalizzare la faida»

Riccardi, Laras, Hamza Piccardo, Orfini rispondono: perché «importiamo» le divisioni?

 
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Com`è difficile ragionare con pacatezza, anche qui in Italia, sul dramma del Medio Oriente. Persino di fronte alla morte. Davanti al massacro di Naftali, Gilad ed Eyal, i tre ragazzi ebrei rapiti e trucidati in terra palestinese. O, specularmente, quando si affronta la tragedia di Mohammed, il loro coetaneo palestinese rapito per rappresaglia e bruciato vivo. L`Italia, presidente di turno dell`Unione europea, vive le stesse, parallele spaccature che si registrano in Medio Oriente. Un dato aiuta a capire il perché del coinvolgimento. In Israele sono diecimila gli abitanti con passaporto italiano. Cittadini di religione ebraica che hanno scelto ora di risiedere nello Stato israeliano oppure sono figli o nipoti di chi emigrò nel dopoguerra. Un vincolo forte, che riguarda quindi migliaia di nuclei familiari, rimasti in Italia o residenti ora in Israele.
Ma naturalmente c`è di più. Ne è convinto Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant`Egidio, da anni impegnato nel sostegno a una pace raggiunta attraverso il confronto e la via diplomatica (uno dei successi è stata la pacificazione del Mozambico): «È verissimo. È quasi impossibile, da noi in Italia, affrontare la questione con lucidità senza dividersi in fronti. La tipica politica estera italiana fatta a uso e consumo della politica interna. L`espressione di un Paese che
ha rinunciato ad avere un peso internazionale, all`interno di un`Europa diplomaticamente decaduta. Mentre impallidisce l`influenza degli Usa in quel quadrante, l`Unione sembra aver rinunciato a giocare un ruolo importante. Fatale che i processi conflittuali impazziscano sia nella terra in cui tragicamente si svolgono che in Italia».
Un Paese, ricorda Riccardi, che ha avuto una grande tradizione diplomatica in Medio Oriente: «C`era diversità di vedute, Giovanni Spadolini filo-israeliano e Giulio Andreotti filo palestinese. Ma c`era, appunto, un quadro di rapporti, relazioni e investimenti. Ora non c`è quasi nulla».
Non è diversa la convinzione di Matteo Orfini, presidente del Pd: «Da troppo tempo l`Europa ha delegato agli Stati Uniti la gestione della tragedia mediorientale. Come ha ricordato il presidente Matteo Renzi, è tempo che l`Unione europea riprenda il suo ruolo, la sua missione di speranza. Se dalla scena europea scompare una buona politica estera per quell`area, tutto viene divorato da opposte tifoserie come si vede anche qui in Italia, dove le polemiche politiche interne strumentalizzano anche quei morti. Dobbiamo ricordare che vanno fermamente condannati i lanci di razzi così come la spropositata reazione di Israele che colpisce i civili e non Hamas. Non è così che si risolve il problema».
Il rabbino Giuseppe Laras, presidente emerito e onorario dell`Assemblea rabbinica italiana, pone a questo punto un quesito: «Gli israeliani sono spesso accusati di reagire troppo duramente, e forse possono esserci degli argomenti. Ma come si fa a discutere, qui in Italia o in qualsiasi posto al mondo, con chi dichiara che il suo scopo è farti sparire? In quanto alla difficoltà di un confronto nel nostro Paese penso ci sia oggettivamente un antefatto. Ovvero l`antisemitismo diffuso, anche se non lo si vuole riconoscere e ammettere. Gli israeliani sono ebrei, e il ragionamento può provocare reazioni abnormi figlie dell`antico sentimento antiebraico. Ma si deve uscire dalla tragedia del Medio Oriente, anche se il nodo appare indissolubile. Perché oltre c`è solo la disgregazione e la morte di tutti».
Un altro cittadino italiano è fortemente legato al Medio Oriente, si chiama Hamza Roberto Piccardo, è un editore e scrittore, membro del direttivo dell`Unione delle comunità e delle organizzazioni islamiche in Italia: «Non è questione di essere o non essere italiani, di ragionare qui o in qualsiasi altro posto del mondo. Basta mettere mano alle cartine geografiche storiche. Il territorio palestinese si è ridotto a un ventesimo rispetto al 1948. Subisce un`aggressione continua ed è spossessato di tutto. Direi le stesse cose se si trattasse di un paese centro-americano o del Botswana, cito due esempi a caso. Per questo è difficilissimo confrontarsi , c`è alle spalle una guerra di trent`anni e un`ingiustizia che non ha fine». Non ci sarà mai la pace, insomma? «Noi siamo credenti e preghiamo ogni giorno per la pace. Preghiamo e diffondiamo informazione».
Vero, verissimo. Com`è difficile parlare di Medio Oriente anche qui in Italia, senza dividersi esattamente come avviene in quella terra così vicina a noi italiani, quindi all`Europa.


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