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Corriere Eusebiano

1 Ottobre 2014

Incontri/ Consiglio per la famiglia e Caritas Internationalis

Un approfondimento guardando al Sinodo

 
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 Mancano ormai pochi giorni all'apertura del Sinodo dei vescovi, focalizzato sulle principali sfide pastorali che investono la famiglia nel contesto della evangelizzazione. A fianco dei contributi giunti da tutte le diocesi del mondo, il Pontificio consiglio per la famiglia e Caritas Internationalis hanno voluto organizzare un seminario di ulteriore approfondimento sul tema specifico "La famiglia: una risorsa per superare la crisi".
Sono stati invitati 128 ospiti provenienti da vari dicasteri della santa Sede, dalla Cei, dalle diocesi italiane, dalle Caritas dí varie nazioni, da associazioni e movimenti, da università e da istituti religiosi. Tutti in vario modo esperti sul tema della fragilità sociale della famiglia.
Una giornata intensa quella del 18 settembre scorso, centrata sulla concretezza delle famiglie del tempo attuale. Le questioni dell'economia a più velocità, la globalizzazione e la recente crisi hanno ulteriormente gravato su molti nuclei in ogni parte del mondo, rendendo sempre più fragile la famiglia in ogni sua espressione. La grande sfida per i governi, le società e la Chiesa è quella dell'inclusione.
Su questo tema si è soffermato il card. Oscar Andres Rodriguez Maradiaga, arcivescovo di Tegucicalpa e presidente di Caritas Internationalis. «L'economia di mercato è efficiente in quanto capace di creare ricchezza, è escludente in quanto incapace di distribuirla equamente». E la famiglia è uno dei primi soggetti a fame le spese. In Europa, ma anche in sud America; dove si stimano oltre 167 milioni di persone colpite da povertà. L'Africa sta facendo i conti con la cattiva selettività della globalizzazione, tra le cause dei continui viaggi della speranza cui si assite ormai da troppi mesi anche in Italia. Gli Stati Uniti hanno visto crescere esponenzialmente il numero di famiglie povere, specie quelle monogenitoriali: il 50% in più in soli tre anni. Esiste dunque una certa connessione tra le crisi dell'economia e la fragilità delle famiglie; perciò le domande che il Sinodo dovrà porsi, e di conseguenza anche il modo di fare pastorale con le famiglie, sono di fondo: quale spazio hanno nelle comunità le famiglie ferite da un sistema economico che le esclude, colpite da guerre e violenze, indebolite dalla globalizzazione dell'indifferenza o ferite dalla fragilità degli affetti e dei valori? Non per nulla il documento preparatorio del Sinodo, al numero 73, afferma che «una Chiesa povera e per i poveri non dovrebbe mancare di far sentire alta la sua voce su questo ambito».
Temi ripresi in un'altra ottica dall'intervento di mons. Vincenzo Paglia, presidente del Pontificio consiglio per la Famiglia, che ha voluto estendere lo sguardo nella direzione  educativa, rilanciando l'impegno che le famiglie devono assumersi verso chi è più povero. Qui si aggancia la prospettiva già suggerita da Giovanni Paolo II parlando della responsabilità sociale della famiglia e della capacità di costruire il bene comune. Un compito politico, che fa di essa un «luogo di educazione al bene comune che edifica la società», perché insegna a vivere la diversità come valore e come prospettiva. Ma si tratta anche di un compito testimoniale soprattutto per la famiglia cristiana. «Credo - ha sottolineato mons. Paglia - che in una società iperindividualista e consumista le famiglie sono chiamate a riscoprire l'amore privilegiato che tutti dobbiamo avere per i poveri; a mostrare a se stesse e alla società il primato dell'amore gratuito. E questo avviene appunto attraverso l'attenzione ai deboli».
Un'attenzione già ampiamente realizzata e testimoniata da Lana Snobar di Caritas Giordania, che ha presentato il volto della fragilità delle famiglie costrette a fuggire dalla Siria in questi tempi di grave difficoltà e accolte forse con più efficacia e meno rumore che nel nostro Paese. Un'azione silenziosa e forte quella della comunità cattolica siro-malabarese di Roma, che integra le famiglie immigrate con la forza della relazione.
Un'azione più pubblica quella dei coniugi Ferralo di Maddaloni, messa in atto dopo l'improvvisa morte del figlio Giuseppe, volta a sostenere la genitorialità, l'educazione, l'assistenza, l'aggregazione delle famiglie; o quella educativa inventata dal vescovo di Kampala in Uganda.
Esiste qualche indicazione da proporre perché Sinodo e pastorale ordinaria recepiscano la prospettiva della fragilità? Certamente sì, come emerso dalla coinvolgente discussione sul rapporto tra famiglia e comunità, nucleo centrale da rafforzare e rinnovare nell'azione pastorale. È stata inoltre sottolineata l'importanza del rapporto intergenerazionale: intrecciando la paura degli anziani all'insicurezza dei giovani si può creare un'opportunità per la società e la Chiesa. Ma soprattutto si è parlato di restituire responsabilità ai singoli e alle famiglie attraverso reti familiari di prossimità, che sviluppino il capitale sociale e rendano protagonisti i soggetti coinvolti. Serve, almeno in occidente, ridare una competenza alle famiglie: quella relazionale, senza la quale non esiste azione educativa possibile. Un tantino spiazzante la conclusione dei lavori: sarà possibile dire qualcosa di significativo alla famiglie affaticate solo se le nostre comunità diverranno esse stesse "famiglia". Proprio ciò che voleva Gesù.


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