Corriere della Sera - Ed. Roma | 14 Novembre 2014 |
Immigrati |
«Basta violenza, papa Francesco venga qui» |
Sant'Egidio: quello di Tor Sapienza è un centro modello, il popolo delle periferie soffre per la crisi |
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C'è chi invita papa Francesco a «venire a Tor Sapienza a difendere questa povera gente». Chi parla di «guerra tra gli ultimi» o «tra poveri». Chi chiede «alla società civile di fare la sua parte». E l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite che definisce «inaccettabili le forme di severa intolleranza e gli atti di violenza perpetrati nei confronti di rifugiati di Tor Sapienza». E poi c'è tutto un mondo di onlus e associazioni cittadine che in coro si appella al sindaco Ignazio Marino e gli chiede un «incontro urgente», perché «non è accettabile il silenzio e l'inerzia dell'amministrazione e non è accettabile che il Comune, attraverso il primo cittadino, non attui percorsi di immediata tutela nei confronti degli ospiti del centro».
Perché c'è «uno spirito di accoglienza che da sempre caratterizza Roma» e va «contrastata la cultura della violenza».
Non ci sono solo le aggressioni, gli insulti, le sassate, il razzismo, la violenza. C'è anche un'altra Roma che condanna «la caccia all'immigrato: uno dei momenti più bui nella storia secolare di accoglienza e solidarietà» dice Lucia Ercoli, presidente dell'istituto di Medicina Solidale che lancia un appello a Papa Francesco: «Venga qui». In tanti raccolgono l'invito e chiedono alla società civile di «farsi parte attiva», perché sottolinea Lidia Borzi, presidente delle Acli di Roma, «per uscire da questa situazione al limite, bisogna instaurare un rinnovato clima di dialogo». È per questo che «un intervento del Papa potrebbe essere importante».
Ma a Tor Sapienza, racconta la Comunità di Sant'Egidio il centro di accoglienza è sempre stato «una struttura modello nella quale 36 minori stavano seguendo un utile percorso di formazione e inserimento professionale». E il suo fondatore Andrea Riccardi sottolinea: «Non si dica che il popolo delle periferie si rivolta contro gli immigrati: soffre per la crisi ma è coraggioso e solidale», piuttosto «sono azioni commesse da gruppi limitatissimi». E pure i residenti ci tengono a dire che «non siamo razzisti ma solo stanchi» e che «il vero criminale è lo Stato che ci abbandona». E comunque sabato saranno in corteo per protestare «non per i clandestini, ma per i giovani senza lavoro e i politici che mangiano».
Ieri i ragazzi del centro gestito dalla Onlus «Un sorriso» sono stati trasferiti «in altre strutture comunali per tutelarli», ha fatto sapere il vicesindaco Luigi Nieri. Ma loro hanno paura, sono delusi e disorientati. Sono fuggiti dai loro Paesi, alle spalle si sono lasciati la guerra. L'Itaila li ha accolti ma li ha anche feriti. «Non è vero quello che dicono di noi - racconta uno di loro mentre esce dal centro -, noi non abbiamo attaccato nessuno, non spacciamo, non andiamo in giro nudi». Ma, aggiunge un altro, «noi non vogliamo essere un problema per gli italiani, ai residenti vogliamo dire che tutto quello che vogliamo è la pace».
Il centro rimarrà aperto con una quarantina di ospiti adulti e verrà reso nuovamente agibile. Perché, dice Nieri «deve essere ben chiaro a tutti che la Capitale d'Italia rifiuta in maniera netta ogni forma di violenza, razzismo e xenofobia. Episodi vergognosi come l'ingresso al bar vietato agli stranieri fanno rabbrividire e non possono essere tollerati dall'amministrazione e da nessun cittadino di Roma».
Claudia Voltattorni
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