| 28 Gennaio 2015 |
L'intervento |
Padova riparta da cultura e giustizia |
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Padova è cambiata profondamente in questi anni. Si sente la necessità sia di nuove mappe per capire ciò che sta accadendo, sia di idee capaci di futuro. Altrimenti si perde l'orientamento, ci si sente spaesati e spaventati. È in atto un passaggio epocale che riguarda anche il Veneto.
Nel 2007, a livello mondiale, per la prima volta la popolazione delle città ha superato quella delle campagne. Cesare De Michelis descriveva bene l'emergere nel nostro territorio di una metropoli priva di una configurazione istituzionale, ma allo stesso tempo «metarealtà fervida e vitale, della quale siamo sempre più oggettivamente e soggettivamente partecipi». Questa visione evoca lo scenario del mondo globalizzato, nuova dimensione con cui confrontarci. Quale futuro per Padova? È una domanda che non si può eludere.
Dal convegno di recente promosso dalla Comunità di Sant'Egidio è emersa una pluralità di voci, orientate tutte a delineare un profilo "di respiro" per la città. Il rischio è quello di chiudersi in sé. Un primo antidoto all'introversione impaurita, che può generare mostri, è la cultura. E' un tema, quello della diffusione di un nuovo umanesimo, che interpella l'Università. Senza cultura non solo viene meno il senso del passato ma si ha anche paura del futuro.
Salvatore Settis ha osservato che le città possono morire quando perdono la memoria di sé. Padova avrà un futuro solo se saprà ereditare il suo passato. Un passato illuminato da una vocazione all'incontro e all'accoglienza di chi viene da lontano. Come Petrarca e Galileo. D'altronde, i santi che le danno fama ovunque nel mondo, da Sant'Antonio a San Leopoldo, non sono certo padovani. Senza dimenticare la vocazione missionaria di Padova, il suo legame con tanti Paesi poveri realizzatosi con la vita e, talvolta, la morte, di tanti missionari.
Soprattutto, Padova avrà un futuro se saprà ripartire dai poveri. Papa Francesco ha legato la rinascita spirituale e morale «all'impegno per la costruzione di una città più giusta e solidale, dove i poveri, i deboli e gli emarginati siano al centro delle nostre preoccupazioni e del nostro agire quotidiano». Ma la "cultura dello scarto", così diffusa oggi, tende a nascondere, se non ad allontanare fisicamente dalla città i poveri. Si pensi ai profughi, agli zingari. Ma anche agli anziani. Non si tratta di ignorare i problemi, quanto piuttosto di individuare soluzioni, con la convinzione che occorrano ponti e non muri: tra generazioni, tra padovani e nuovi padovani. Di questo ha bisogno Padova per essere attrattiva, perché solidale, non impaurita. Di questo abbiamo bisogno noi per consegnare una città bella alle generazioni che verranno.
Monica Mazzucato
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