il Cittadino | 29 Gennaio 2015 |
A 100 anni dal genocidio degli Armeni: una storia che si ripete oggi in Siria
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«La tolleranza non è abbastanza. La vendetta non è giusta. E neanche rinchiudersi in un ghetto è la soluzione, ma i cristiani devono prendere consapevolezza del ruolo che hanno avuto e che possono ancora avere in Medio Oriente: Islam e Cristianesimo possono convivere». A pochi mesi dal centenario del genocidio degli Armeni, il vescovo armeno ortodosso di Damasco, Armash Nalbandian, ha portato in Italia la testimonianza dei cristiani siriani e ha provato a ragionare sul futuro, senza nascondere che quello che è in atto nel suo Paese «è come un nuovo genocidio».
L'occasione è stata la conferenza "A 100 anni dal genocidio degli armeni una testimonianza dalla Siria in guerra" organizzata dalla Comunità di Sant'Egidio nella Sala Frate Sole, all'interno dei locali della Ss. Annunziata del Vastato, in occasione della Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani e seguita da una preghiera ecumenica nella basilica.
Monsignor Nalbandian proviene da una delle comunità cristiane più antiche e da un paese, la Siria, con una lunga storia di convivenza interreligiosa, in cui «i cristiani non si sentono un corpo estraneo». Ha raccontato delle conseguenze del Medz Yeghern - il "Grande Crimine", in cui vennero massacrati un milione e mezzo di armeni e cinquecentomila siriaci - del vuoto che si costruì attorno al suo popolo, del silenzio del mondo, delle difficoltà attuali a riconoscere l'entità del dramma.
A fine aprile, a un secolo esatto dagli episodi più cruenti dell'eccidio, la Chiesa armena canonizzerà i martiri del genocidio «santi per la pace e per la patria»: lo farà con una cerimonia solenne a Echmiadzin, in Armenia, nella sede del Catholicos di tutti gli armeni.
Intanto, però, la Chiesa ortodossa armena vive già un ecumenismo della sofferenza con i cristiani del Medio Oriente: la Siria è devastata da un conflitto lacerante - con rapimenti, stragi, fughe in massa - che in quattro anni ha distrutto 85 chiese, 1800 moschee e lasciato senza casa circa otto milioni di siriani. «Oggi più di quattro milioni di nostri concittadini vivono delle elargizioni del World Food Program - ha spiegato - in un paese che per anni è stato completamente autosufficiente: le vittime non siamo solo noi cristiani, ma tutti gli abitanti della Siria».
A Genova, il vescovo Nalbandian ha visitato anche la chiesa di San Bartolomeo degli Armeni, in cui ha potuto sostare di fronte alla veneratissima icona del Santo Volto e ha incontrato alcuni armeni "figli della diaspora". «Siamo un piccolo gregge - ha spiegato congedandosi - ma io non sono spaventato dalle sfide. Noi abbiamo un'arma potente che è la preghiera: continuate a pregare per noi»
Sergio Casali
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