Qualcuno la chiama "il Bronx" di Roma per via dei palazzoni tirati su come alveari, dove vive una popolazione alle prese con serie difficoltà, che a volte finisce tra le grinfie del malaffare. In realtà Tor Bella Monaca è una periferia urbana come tante, con in più una parrocchia attiva, dinamica e capace di farsi carico di alcuni di questi problemi.
Ed è in questo quartiere dormitorio del quadrante orientale della città che Papa Francesco ha voluto trascorrere più di tre ore e mezzo nel pomeriggio dell'8 marzo. E venuto per visitare la comunità di Santa Maria Madre del Redentore, per stare tra «la gente che fa paura a Roma», come ha confidato il parroco don Francesco De Franco. Persone semplici, umili, ma capaci di tributargli un calorosissimo benvenuto sin da quando, poco dopo le 5.30, in leggero anticipo sul programma, il Papa è giunto nel centro caritas di Santa Giovanna Antida, in via dell'Archeologia. Le suore della carità vi gestiscono una struttura polivalente, che si occupa della distribuzione quotidiana di viveri, indumenti e generi di prima necessità, di un centro di ascolto per i tanti bisogni delle famiglie e di molte altre attività che vanno dai corsi di formazione ai "pranzi dell'amicizia" per poter trascorrere del tempo in serenità e fraternità.
Ad accogliere Francesco appena sceso dall'utilitaria blu con cui era giunto dal Vaticano, il cardinale vicario Vallini, il vescovo Marciante, ausiliare per il settore est, il parroco e il reggente della prefettura della Casa pontificia, monsignor Sapienza. Dietro le transenne erano assiepati soprattutto immigrati, amici della Scuola della pace che la comunità di Sant'Egidio gestisce sul territorio. In prevalenza africani, ma anche latinoamericani, che hanno chiesto l'ormai classico "selfie" con il Pontefice sorridente in mezzo a loro.
All'interno della cappella, Francesco ha dapprima salutato un centinaio tra ammalati, disabili e anziani, molti dei quali in sedia a rotelle, intrattenendosi personalmente con ciascuno dei presenti, che sventolavano mazzetti di mimosa profumata. Tra loro un'anziana religiosa in carrozzella gli ha regalato un rosario fatto con il pane. «Il Signore mai ci abbandona, neppure nei momenti più brutti» li ha rassicurati. Perciò dobbiamo avere «fiducia in lui» che «è vicino a noi, e quando arriva un momento brutto - perché a tutti succede questo - un po' di nostalgia, un po' di tristezza, i lacrimosi, il pianto», bisogna ricordare che Gesù «ha vissuto un momento brutto sulla croce. Lui è stato il primo a fare strada a tutti noi. E per questo sa cosa è il dolore, la tristezza, essere soli». Da qui l'esortazione «a non perdere mai la fiducia» seguita dall'invito a recitare l'Ave Maria e dalla benedizione, secondo uno schema ripetuto in ognuno dei cinque successivi incontri svoltisi durante la visita.
A cominciare da quello in una saletta attigua con alcune famiglie assistite dalle missionarie della carità di madre Teresa di Calcutta. Rappresentavano le tante persone in cerca di cibo e farmaci che bussano alla porta della vicina casa religiosa. Tra loro una coppia moldava con un bambino piccolo in braccio, che il Papa ha salutato affettuosamente.
Percorsi in automobile meno di due chilometri, il Pontefice ha raggiunto la parrocchia in via Duilio Cambellotti, e subito si è diretto al centro sportivo per il festoso incontro con un migliaio di bambini e ragazzi che frequentano la catechesi per i sacramenti e altre attività proposte soprattutto per tenerli lontano dalla strada. «La preghiera del Papa è per me un comando» hanno scritto sulle magliette bianche una dozzina di loro. Nella circostanza il parroco ha presentato i quattro sacerdoti che collaborano con lui.
Poi, all'interno dell'imponente edificio parrocchiale, Francesco si è intrattenuto con i bambini e i ragazzi con gravi problemi famigliari che frequentano i due centri diurni attivi a Santa Maria Madre del Redentore. Sono quattordici alunni delle elementari e della materna e dodici studenti delle medie che sperano, grazie all'istruzione, di costruire una vita migliore di quella dei genitori. Abbracci, carezze, preghiere e tante foto-ricordo hanno caratterizzato l'appuntamento, che ha preceduto quello in teatro con il consiglio pastorale e gli animatori parrocchiali.
Infine, dopo aver confessato tre donne, il Pontefice ha salutato i preti della prefettura venuti a concelebrare, i famigliari del clero parrocchiale, i diaconi, i ministranti e le chierichette. Indossati i paramenti viola ha quindi presieduto l'Eucaristia nella chiesa dove avevano trovato posto circa cinquecento fedeli. Mentre a migliaia hanno seguito la messa sul piazzale antistante, grazie a due postazioni con maxischermo. Durante il rito, diretto dal maestro delle Celebrazioni liturgiche pontificie monsignor Marini, il vescovo di Roma ha usato lo stesso pastorale utilizzato per la prima volta il Giovedì santo del 2014, nel centro romano Santa Maria della Provvidenza della fondazione don Gnocchi.
Al termine della messa, animata dai canti della corale neocatecumenale, il parroco ha rivolto parole di ringraziamento al Pontefice, paragonando il quartiere al «campo di grano della parabola evangelica, in cui vive gente povera ma generosa ogni qual volta è necessario andare incontro ai bisogni degli altri. Purtroppo - ha fatto notare - insieme al grano c'è anche la zizzania e non possiamo nascondere che qui essa è ben radicata», anche a causa della mancanza «del necessario per vivere. Tanti sono coloro che non hanno un lavoro o una casa dignitosa» ha aggiunto. Eppure nonostante ci siano ben 70 famiglie che hanno fatto ricorso all'Elemosineria apostolica, i parrocchiani hanno raccolto un'offerta da donare al Papa «per la sua azione di pastore e di padre verso le persone più indigenti, perché possa continuare a fare del bene». Verso le 19, quando ormai era sera, dal sagrato Francesco si è congedato da Tor Bella Monaca con un breve saluto, accompagnato da un ulteriore affettuoso applauso dei presenti.
Gianluca Biccini
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