Papa Francesco ha compiuto a Napoli la prima visita a una grande città europea dopo due anni di pontificato. Dalle parole e dai gesti del papa è emerso quasi un «manifesto» per la missione della Chiesa nella società europea e nelle città globali.
La Grande Napoli, con più di quattro milioni di abitanti, si colloca a metà tra le grandi città europee e quelle del Sud del mondo. Per tanti aspetti, per la religione popolare, il papa può essersi sentito nella sua Buenos Aires, che per lui è stato un laboratorio di esperienze e riflessioni sulla città globale. A Napoli, a piazza Plebiscito, di fronte al calore della folla, Francesco ha concluso con un`affermazione a lui molto cara da arcivescovo: Dio «vive nelle nostre città. Dio vive a Napoli!».
In una società urbana complicata, la Chiesa non si deve ridurre a minoranza, magari «pura e dura» che difende alcuni principi: deve trovare senza alterigia quel Dio che non è assente tra la gente e, allo stesso tempo, essere un popolo nella vita urbana. La gente, in città grandi e senza centro, molto spesso abita in zone marginali o diventa marginale. Il tema delle «periferie» è centrale nell'approccio bergogliano alla città: il cristianesimo deve risorgere dalle periferie. E una visione strategica, che combina la sua esperienza e il senso della forza degli umili.
La Chiesa di Francesco vuole essere «centro» nelle periferie: è una proposta a un mondo ecclesiastico, un po' incerto sul da farsi ín una società secolarizzata che sembra marginalizzare il cristianesimo. Bergoglio riscrive la geografia della Chiesa: «Ogni parrocchia e ogni realtà ecclesiale diventi santuario per chi cerca Dio e casa accogliente per i poveri, per gli anziani e quanti si trovano nel bisogno». la conversione pastorale, di cui parla nella Evangelii gaudium.
I responsabili del cattolicesimo dovranno prestare attenzione al messaggio del papa da Napoli: non un lamento sulla decadenza cristiana del vecchio continente, ma l'indicazione di una via. La rinascita del cristianesimo, per lui, è pure un contributo a trasformare la società e a lottare contro le ingiustizie. Francesco non ha solo un interesse intraecclesiale, ma vuole cambiare il mondo.
Ha riassunto il suo pensiero in modo efficace: «Quando i cuori si aprono al Vangelo, il mondo comincia a cambiare e l'umanità risorge!». Infatti a Napoli, Francesco non ha sviluppato una teoria pastorale, ma è entrato nei problemi vivi, sfidando le organizzazioni «che sfruttano e corrompono i giovani», «il cinico commercio della droga», la corruzione.
Nelle periferie o in centri divenuti periferia, spesso le mafie proliferano nel vuoto e nell'anonimato. Avviene nelle grandi città del Sud del mondo. In molte città europee l'islam fondamentalista è protagonista di ambigue solidarietà. li papa non ha lanciato anatemi, ma ha predicato la conversione «ai criminali e ai loro complici» con íl linguaggio appassionato della religiosità meridionale: «Ve lo chiedono le lacrime delle madri di Napoli, mescolate con quelle di Maria». Un discorso da pastore e non da tribuno.
Ha parlato alla rassegnazione atavica: «Sperare è già resistere». In questa Napoli, «paradiso abitato da diavoli» (diceva Croce), Francesco ha posto la Chiesa come soggetto di rinascita civile: «È tempo di riscatto per Napoli: questo è il mio augurio e la mia preghiera per una città che ha in sé tante potenzialità spirituali, culturali e umane, e soprattutto tanta capacità di amare». La Chiesa, pur con i suoi limiti, è una grande risorsa umana e un laboratorio d'idee e speranze nella crisi della politica napoletana e nel vuoto della città partenopea.
Così Napoli; tra grande Sud del mondo e società urbana europea, è un passaggio importante del pontificato bergogliano da osservare con attenzione.
Andrea Riccardi
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