il Cittadino | 1 Aprile 2015 |
Celebrata lunedì 30 marzo in Cattedrale una veglia di preghiera organizzata dalla Comunità di S. Egidio |
In preghiera per i martiri cristiani |
Mons. Doldi: «Il loro sangue ci rende più vicini e più uniti» |
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Un bambino di dieci anni che gioca sul sagrato di una chiesa. Un uomo che si avvicina all'ingresso, qualcuno si insospettisce e cerca di fermarlo, quello fa scattare l'innesco dell'esplosivo che trasporta con sé. Tra i morti, anche il ragazzino.
Aveva 11 anni e si chiamava Abish: frequentava la Scuola della Pace della Comunità di Sant'Egidio a Lahore, in Pakistan. Sono tanti i cristiani che vengono uccisi ogni mese, ogni settimana in tante parti del mondo. Talvolta per il solo fatto di affermare di essere discepoli di Gesù. La Comunità di Sant'Egidio li ha voluti ricordare all'inizio della Settimana Santa in una veglia di preghiera in Cattedrale affollatissima ed ecumenica, per non lasciar cadere i loro nomi e per rendere veramente il sangue dei martiri un seme di vite più evangeliche e coraggiose.
Lunedì scorso, Mons. Marco Doldi; Vicario Generale, ha celebrato la preghiera ricordando che «di questi cristiani perseguitati si parla poco, anche se nel progetto provvidente di Dio hanno un ruolo centrale». Mons. Doldi ha affermato che «il sangue dei martiri ci rende più vicini, più uniti» e ha ripreso l'espressione così efficace di Papa Francesco quando parla di un "ecumenismo nel sangue". Ed in effetti nella cattedrale, accanto al Vicario generale, c'erano il pastore battista Lino Gabbiano, padre Michele Notarangelo, della chiesa Greco Ortodossa padre Filip Sorin, della Chiesa Romena Ortodossa e il pastore della Comunità Copta Ortodossa, lo ieromonaco Yuhanna. Insieme a loro, le rispettive comunità, ma anche tanti immigrati e giovani. Dopo l'omelia, la lettura dei nomi dei cristiani che hanno offerto la vita per il Vangelo, con l'accensione di una candela e l'ingresso di una croce per ogni continente ricordato.
Dagli Armeni, dal cui genocidio quest'anno ricorre il centenario alle vittime dell'Isis in Medio Oriente e Libia, dai morti in Pakistan ai religiosi contagiati da Ebola mentre curavano i pazienti in Liberia, fino a padre Lazzaro Longobardi, ucciso un anno fa a Cosenza: decine di nomi e storie dai contorni drammatici, ma anche dalla nota eroica di un amore più forte della violenza e della morte.
«Quest'anno - spiega Gaia Olla, giovane medico di Sant'Egidio - siamo anche confortati dalla decisione di papa Francesco di beatificare monsignor Oscar Romero. La sua storia e quella di tutti i martiri è la contestazione pacifica e decisa della dittatura dell'amore per se stessi. E ci dice che i cristiani fanno paura perché l'amore, la solidarietà, il Vangelo sono una forza debole che spaventa persino gli uomini armati».
Sergio Casali
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