| 14 Aprile 2015 |
L'esperienza della Global Health Telemedicine |
La nuova chance della cooperazione |
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Ai numerosi congressi sulla telemedicina a cui mi trovo a dover relazionare dico molto spesso una frase, forse un po' amara, ma che fotografa esattamente la realtà: "E più facile realizzare complessi servizi di telemedicina in Africa che banali servizi di telemedicina in Italia". L'esperienza di Ght, Global health telemedicine, una onlus nata da neanche due anni, è la prova concreta di quanto tale affermazione sia veritiera.
Ght ha realizzato, in collaborazione con il programma Dream della Comunità di Sant'Egidio, un servizio di teleconsulto multispecialistico in ben 11 centri dell'Africa sub-Sahariana che sono connessi a una rosa di una cinquantina di medici italiani che offrono gratuitamente il loro sostegno refertando i quesiti diagnostici di loro competenza.
Le branche specialistiche disponibili sono otto: cardiologia, neurologia, dermatologia, malattie infettive, angiologia, epatologia, radiologia e medicina interna. I Paesi al momento collegati sono la Tanzania, il Malawi, il Mozambico, la Repubblica Democratica del Congo e, a breve, anche il Togo.
II segreto di tale successo si può riassumere in una manciata di ingredienti che sono fondamentali per ogni servizio di telemedicina: semplicità e rapidità d'uso, formazione del personale locale, help center di assistenza, reale utilità e aiuto per il personale locale e per ì pazienti. La particolarità del software che con pochi click riesce ad acquisire molte informazioni cliniche è un fattore determinante insieme ad alcuni "wizard" specialistici che guidano il sanitario locale a non tralasciare notizie cliniche importanti.
I dati di attività sono eloquenti. Più di 2.300 teleconsulti con altrettante indicazioni diagnostiche e terapeutiche. L'87% delle richieste riguarda la cardiologia, branca che si presta forse meglio di altre ai servizi di telemedicina. Quasi sempre non si tratta dì avere una "second opinion": infatti in molti dei centri remoti talvolta è presente solo un medico o un infermiere e quindi si tratta di una vera e propria "first opinion".
In un momento storico in cui la Cooperazione internazionale è in crisi e molte realtà di aiuto parlano di "exit strategy", un modo elegante per dire che non sosterranno più un determinato paese, la telemedicina offre una nuova chance: in un mondo globalizzato si può globalizzare anche la sanità. Il ministero della Salute e la Cooperazione allo sviluppo italiana stanno guardando con vivo interesse questa nuova forma di cooperazione e si auspicano sostegni concreti in tal senso.
Proprio in questi giorni è stato firmato un accordo di collaborazione con l'Ifo San Gallicano e Regina Elena per studiare con queste tecniche di teleconsulto patologie di competenza dermatologica e oncologica.
Ovviamente una domanda sorge spontanea: ma perché tali servizi non si possono utilizzare anche in Italia'? La risposta è articolata e forse anche per questo se ne discuterà per tre giorni al congresso della Sit.
Michelangelo Bartolo
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