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7 Luglio 2015

Rifugiati. Gentiloni: «Stop sindrome dell'invasione»

Sant'Egidio: l'Italia faccia una mossa in Ue

 
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L' Agenda europea sul collocamento dei rifugiati è stata una novità politica significativa, che però rischia di perdere il contatto con la realtà: «Per l'Italia si parla di 24 mila persone in 18-24 mesi - ricorda il ministro Gentiloni - ma nel nostro Paese solo a giugno sono arrivati 27 mila migranti: quelli da ricollocare sono meno di quelli arrivati solo nell'ultimo mese». Il ministro degli Esteri invita però a non cadere in una drammatizzazione scorretta: «Dobbiamo uscire dalla sindrome dell'invasione: i numeri sono elevati - ribadisce Paolo Gentiloni - ma non autorizzano allarmismi».
Il titolare della Farnesina ribadisce la sua visione al convegno al Senato organizzato dalla Commissione diritti umani e dalla Comunità di Sant'Egidio: "Se la via del mare finisce alla stazione. Soccorrere proteggere accogliere integrare". Ne discutono con Gentiloni il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Sandro Gozi; il presidente della commissione, Luigi Manconi; il fondatore di Sant'Egidio, Andrea Riccardi; il delegato Acnur per il Sud Europa, Laurens Jolles; il presidente del Comitato diritti umani della Camera, Mario Marazziti.
«Chi come me - racconta Gentiloni - ha visitato i campi profughi di Erbil in Irak, di Yarmuk in Siria e conosce i numeri delle persone accolte in Libano non può permettersi di parlare di invasione qui in Italia. È indecente, culturalmente ancora prima che politicamente». Poi sui rimpatri, un invito al realismo: «Attenti a non raccontare la storia che diamo accoglienza a chi ha diritto e per gli altri organizziamo i rimpatri: si può lavorare per rendere più stringenti gli accordi che ci sono con alcuni Paesi, ma nel 2015 - dice - avremo circa 100 mila persone non titolari di protezione internazionale. E per loro il rimpatrio attraverso provvedimenti giudiziari e il trasporto aereo non sarà certo facile. Le soluzioni miracolose non esistono».
Commissione diritti umani e Sant'Egidio fanno le loro proposte per affrontare il problema senza attendere l'Europa. Manconi suggerisce all'Italia un approccio scacchistico: «È la mossa del cavallo, uno scarto laterale lungimirante e intelligente». Innanzitutto usando ciò che il tanto discusso regolamento di Dublino prevede: «Un ampio utilizzo dei ricongiungimenti familiari». Poi «stringendo una serie di accordi bilaterali con altri Paesi europei disponibili». Poi ricorda che «L'Italia come contributore dà al'Ue più di quanto riceve. Quando è violato il principio di solidarietà tra Stati, l'Italia chieda che la quota eccedente sia destinata a un fondo speciale di solidarietà per l'immigrazione».
D'accordo Riccardi: «Aggiungo la possibilità di aprire canali umanitari in virtù della direttiva europea che consente una deroga a Shengen attraverso l'assegnazione di visti umanitari». E Marazziti avverte: «Se pensiamo all'immigrazione solo come fenomeno emergenziale, domande e risposte saranno sbagliate: ci troveremo sempre di fronte a una sovra rappresentazione del fenomeno che innesca il circuito dell'angoscia e della paura. Sta indebolendo le democrazie occidentali per la difficoltà dei governi di tenere una linea ferma».
Da Jolles proposte tecniche: «Abolire i Cara si può, potenziando la rete Sprar. Ma bisogna snellire le procedure delle commissioni che esaminano le domande di asilo. E rafforzare il monitoraggio sugli standard di accoglienza: Mafia Capitale insegna». 


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