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31 Agosto 2015

Emergenza migranti

"Sportelli" in Africa per le richieste di visti umanitari

 
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Settantuno cadaveri tra cui 8 donne e 4 bambini in un camion abbandonato in Austria lungo l'autostrada. Forse non sapremo mai chi sono le vittime. Una tragedia, l'ennesima dei tanti morti nelle navi, nei barconi, naufraghi o peggio ancora soffocati dentro alle stive, come nei tir. Numeri così elevati che non riusciamo a pensarli, numeri che racchiudono storie, persone, sogni e soprattutto un dolore che non riusciamo a percepire.
Nel 2013 Papa Francesco, nel suo primo viaggio, a Lampedusa parlò di globalizzazione dell'indifferenza rispetto ai morti nel Mediterraneo, di cui nessuno in fondo si sente responsabile. L'indifferenza ammala l'Europa. Oggi l'opposizione all'accoglienza che si registra crescente in città e paesi europei, che è politica, istituzionale e anche civile, aggrava il peso dell'indifferenza. Si ergono muri, barriere, blocchi. Ma questo non ferma le morti e l'allargarsi di quel cimitero di croci lungo le frontiere europee. Quell'odore dei cadaveri in decomposizione sul fondo del nostro mare e sulle nostre strade non si dissolverà incontrando il filo spinato.
Che fare? Se ne parla, se ne discute. Questo da parecchi mesi è il tema centrale delle prime pagine dei quotidiani italiani e di altri paesi europei, delle campagne politiche, della vita pubblica. Quali iniziative i governi devono prendere? Anzitutto, credo, c'è da compiere un balzo di umanità a livello personale. Parlando della Giordania che ha poco più di 6 milioni di abitanti e accoglie 2,5 milioni di profughi, monsignor. Galantino si interrogava su cosa ci distingue da loro, non i mezzi diceva, ma il
cuore "loro hanno un cuore un poco più grande". Cambiare il cuore, aprirlo all'accoglienza. E' possibile, e tanti italiani vivono già una dimensione solidale con i profughi mostrando vie serie e concrete di accoglienza che contrastano la seminagione della paura e della protesta, pur essendo meno rumorose. I Paesi europei sono chiamati a prendere iniziative lungimiranti. Qualcosa si sta muovendo anche se serve più coraggio.
Ma c'è da avere ben presente che il vero problema non è il nostro, o in generale di chi si trova ad accogliere coloro che fuggono. Il vero problema è nei paesi in guerra, in Siria, in Libia, per citarne due. Su questo si deve insistere sulla responsabilità della Comunità Internazionale. Tentiamo di fare qualcosa! "Aiutiamoli a casa loro!"- si dice. Certo, aiutiamoli, sosteniamo interventi per processi di riconciliazione e pace, per il rispetto e il ripristino dei diritti umanitari, per sottrarre alla guerra almeno " pezzi" di stati distrutti, assediati, come Aleppo, in Siria. Fermare la guerra per iniziare a fermare i flussi di chi da essa scappa. E poi programmare percorsi per compiere viaggi sicuri sottraendo alla morte certa e allo sfruttamento i disperati. La Comunità di 
Sant'Egidio ha proposto, tra le altre, la costruzione di canali umanitari basati su "sportelli" in Marocco e Libano per raccogliere le richieste di visti umanitari e far partire legalmente le persone. La Chiesa valdese sostiene e collabora in questa iniziativa. Un esempio, una collaborazione, una possibile strada da percorrere.