Il "popolo degli invisibili" alla messa di sant'Egidio

Ma nella basilica dell'Annunziata anche molte famiglie genovesi
Poveri e senza fissa dimora pregano per cinque clochard morti

Lorenzo era un elettricista. Aveva una casa, una macchina e una famiglia. Piano piano ha perso tutto: la compagna, l'appartamento, il lavoro. Oggi vive in mezzo a una strada, nel quartiere di Pra': propone indovinelli e barzellette ai passanti e in cambio chiede un caffè o una moneta. Racconta la sua storia citando Archimede: «Datemi un punto di appoggio e vi solleverò il mondo - sorride - Peccato che io abbia perso proprio quel punto d'appoggio. Adesso, in queste condizioni, mi vergogno persino a contattare i miei figli».
La sua famiglia adesso sono i volontari della comunità di sant'Egidio che lo aiutano portandogli indumenti e pasti caldi. E che lo hanno invitato a una Messa speciale, quella che la comunità dedica ogni anno ai senza fissa dimora: «Vogliamo che almeno in questa giornata i poveri non stiano fuori dalla porta delle chiese - spiega Pierangelo Campodonico - ma nel posto che gli compete: dentro». E all'interno della basilica dell'Annunziata ieri mattina erano davvero in tanti: poveri, rom, senza fissa dimora ma anche tante famiglie genovesi venute a dimostrare la loro vicinanza a quelle persone spesso considerate invisibili.
Ogni anno un numero sempre crescente di persone finisce a vivere per strada: «Prima del 2008 erano quasi tutti stranieri - racconta Campodonico- ma negli ultimi anni è aumentato moltissimo il numero di italiani in condizioni di bisogno: basti pensare che la nostra mensa di vico Valoria serve 400 pasti al giorno». E quegli uomini stesi a terra che chiedono una moneta ai pas-santi non sono poi così lontani dalla vita di ognuno di noi: «Basta davvero poco per trovarsi come loro - continua Campodonico - I più esposti sono gli uomini senza una famiglia: per chi non ha nessuno accanto basta la perdita del lavoro o lo sfratto per trovarsi sul ciglio del baratro».
La vita per strada non è facile. A volte uccide. Spesso ferisce, non solo nell'anima: «A me hanno spaccato la faccia - Paola mostra le cicatrici sul volto - Avevo una casa poi mi hanno diagnosticato un cancro: terapie sbagliate e varie disavventure mi hanno trascinato dalle stelle alle stalle. Ma non mi arrendo». Era finito in mezzo a una strada anche Petru: aveva perso una mano sotto una pressa, lavorando in fonderia. Dopo l'infortunio era arrivata la disoccupazione e aiutava mendicando la moglie, la figlia e i due nipotini che vivevano con lui. Il 17 dicembre ha perso la vita nell'incendio di un rudere dove aveva trovato riparo per la notte, a San Quirico. «Come lui - abbassa gli occhi Campodonico - solo a Genova nell'ultimo anno hanno perso la vita altre cinque persone senza dimora. Uomini e donne che noi non vogliamo dimenticare».


[ Licia Casali ]