«Un prezzo ancora troppo alto»

L'iniziativa
Mattarella ai ministri della Giustizia giunti per l'incontro di Sant'Egidio

Costruire un mondo senza pena capitale. Perché non è un deterrente. Perché svaluta il valore della vita. Perché - semplicemente - è inaccettabile. «Purtroppo non è sopito l'impulso di affidarsi alla pena di morte per vincere paure e insicurezze. Le esecuzioni capitali hanno un prezzo di vite umane ancora troppo alto - dice Sergio Mattarella - e sarebbe comunque inaccettabile anche se la pena cadesse su una sola persona. Dobbiamo costruire un mondo libero dalla pena di morte».
Il Presidente della Repubblica scandisce le parole, mentre parla al Quirinale a trenta ministri e viceministri della Giustizia di tutti i continenti, arrivati a Roma per il IX Colloquio internazionale organizzato dalla Comunità di Sant'Egidio, che papa Francesco proprio domenica all'Angelus aveva citato per ribadire con forza il suo «no» al boia. «Non c'è giustizia senza vita» il tema del convegno, che ancora una volta rilancia l'obiettivo a livello mondiale dell'abolizione della pena di morte. Dopo l'incontro in mattinata, con gli interventi tra gli altri del guardasigilli Andrea Orlando, del presidente della Conferenza episcopale tedesca cardinale Reinhard Marx e del presidente di Sant'Egidio Marco Impagliazzo, la giornata si conclude con l'incontro al Quirinale. «Non ci sarà piena giustizia nel mondo - è l'appello del capo dello Stato - finché l'uccisione di esseri umani non verrà bandita: credo che tutti i governanti debbano riflettere su questo principio».
Il presidente della Repubblica ricorda come «la storia e l'analisi dei dati concreti dimostrano che la pena di morte non costituisce un deterrente contro i crimini. Non ha fondamento - dice - l'idea di una maggiore sicurezza interna come effetto della previsione della pena di morte. L'effetto deterrente della punizione della legge dipende molto di più dalla certezza e dalla prontezza con cui una sanzione, anche severa, viene applicata, che non dal suo carattere estremo e irrimediabile».
Senza mai dimenticare, avverte il presidente della Repubblica, che «la distruzione della vita umana da parte dello Stato» non può indurre «un maggiore rispetto per la vita umana stessa: la pena di morte finisce per svalutare il valore della vita e della sua dignità». Il presidente Mattarella sottolinea invece il nodo essenziale della «rieducazione del condannato» che «non è solo un principio costituzionale espressione di civiltà giuridica, ma anche un lungimirante obiettivo che, se perseguito con impegno costante da parte dello Stato, può determinare le condizioni per il recupero dei detenuti e per una maggiore sicurezza di tutta la società», riducendo «il grave fenomeno della recidiva».
È il ministro Andrea Orlando che mette in guardia sui rischi di un imbarbarimento nel clima di violenza fondamentalista: «Di fronte al diffuso senso di insicurezza ingenerato nella collettività dai tragici attacchi terroristici», dice, «dobbiamo sfuggire alla tentazione di ritenere necessario il ricorso a misure "forti" ed "esemplari" che possano giustificare anche il ricorso alla pena di morte».
Per il Guardasigilli, «la reazione a queste azioni di guerra non deve trascinare anche noi in una guerra, costringendoci a rinunciare al patrimonio di libertà fondamentali e alle faticose conquiste dello stato di diritto». Mai, insomma, «rispondere alla logica della morte con la morte». E annuncia che in autunno l'Italia presenterà «una nuova risoluzione» all'Onu «per consolidare il consenso» contro la pena di morte, che nel 2014 ha unito 117 Paesi.
Perché «molti passi in avanti» verso l'abolizione sono stati già compiuti «dagli anni '90 a oggi», ricorda il presidente di Sant'Egidio Marco Impagliazzo, se sono più di 50 i Paesi che l'hanno cancellata. «Non c'è giustizia senza vita - ripete - e un mondo senza pena di morte non è un mondo più indifeso, ma un mondo migliore: serve un modello di giustizia basato sulla rieducazione». Oggi, ricorda il presidente della Commissione Affari sociali della Camera, Mario Marazziti, i Paesi che hanno abolito la pena di morte per tutti i reati o i crimini comuni «sono 105 e altri 43 non la usano da molti anni, per legge o in pratica. Esecuzioni sono avvenute negli ultimi due anni in 22 Paesi del mondo e non sono avvenute in altri 180». Il mondo sta cambiando, dice Marazziti: «La grande sfida per l'Occidente è non cadere nella trappola del terrore come quello della paura che Daesh, il Califfato, vorrebbe paralizzasse le democrazie occidentali».
La pena capitale d'altronde «non è mai un deterrente», concorda il cardinale Marx: mafiosi e narcotrafficanti «non hanno paura della pena di morte, non è questo lo strumento che porterà pace o riconciliazione nella società». Meno che mai, sottolinea il porporato, è un deterrente «per coloro che causano la morte uccidendo loro stessi o seguendo progetti totalitari e di terrore». 


[ Luca Liverani ]