La lunga fuga della famiglia di Hosep, salva a Roma

La storia

Hosep ti guarda e sorride sotto i baffi sale e pepe. Non è solo che per lui, armeno, nato in fuga, riparato in Siria dalla Turchia, la condizione di rifugiato va avanti dal 1915, dall'epoca dello sterminio del suo popolo per mano turca. Ma è che ieri il «corridoio umanitario» aperto dalla comunità di S.Egidlo, le Chiese evangeliche e la Tavola Valdese, lo ha portato direttamente in un'allegra tavolata, con hummus e dolcetti siriani, preparati e serviti dalle famiglie di rifugiati ospiti del Papa.
A prendersi cura dei nuovi arrivi anche alcuni tra i molti bambini portati in salvo e curati da questo progetto autofinanziato «Ila dovuto lasciare tutti i beni e fuggire un'altra volta, ma è molto, molto felice», spiega il figlio, Kevork, che sa parlare italiano perche è stato qui da prete francescano. Prima di cambiare vita e sposare Tamara, che stringe a sé.
«Vivevamo tranquilli - ricorda -. Festeggiavamo Pasqua con i nostri vicini musulmani». Poi la guerra: «Hanno tagliato la luce. Poi l'acqua: dovevamo scavare pozzi. Poi hanno bloccato il cibo che arrivava da fuori. Avevamo il terrore che l'Isis arrivasse. Come nella chiesa di San Giorgio, quando hanno abbattuto un muro, sono entrati e hanno prima distrutto tutto e poi massacrato sia cattolici che musulmani. Quando l'esercito li ha uccisi abbiamo visto i documenti. Erano tutti stranieri: ceceni, sauditi e del Qatar».


[ Virginia Piccolillo ]