La pace è un cantiere aperto che attende i suoi artefici

L'intervento

Il nostro illustre concittadino, Giacomo della Chiesa, papa Benedetto XV si trovò a ricoprire il ruolo di Sommo Pontefice in un tempo difficile, segnato dai nazionalismi e dal primo conflitto mondiale. Fu lui a definire la guerra "inutile strage" e a segnare una distanza tra la prospettiva della Chiesa Cattolica e la logica degli Stati per quanto riguarda i conflitti e la pace. Grazie a lui la Chiesa Cattolica ha iniziato a tracciare una strada appassionata fatta di vicinanza al dolore degli uomini e le donne coinvolti dalla guerra e messa in pratica da Paolo VI, Giovanni Paolo II che definì la guerra "avventura senza ritorno", papa Ratzinger, fino alle parole e all'opera di Papa Francesco.
L'otto dicembre 1967, Paolo VI con un messaggio memorabile - il cui testo merita di essere ripreso e fatto conoscere alle nuove generazioni - diede inizio alla celebrazione della Giornata Mondiale della Pace, che da allora si tiene il primo gennaio di ogni anno. Domani sarà la cinquantesima edizione e a Genova, come ogni anno, la Comunità di Sant'Egidio la celebrerà con un incontro al cui centro sarà l'intervento del cardinale Bagnasco (nella basilica dell'Annunziata alle 15,15) e con una marcia fino alla Cattedrale.
In quella prima giornata del 1968, Paolo VI definiva la Pace "l'unica e vera linea dell'umano progresso". Ma oggi, guardando al nostro mondo, sembra che la storia non abbia camminato nella direzione dell'uomo e delle sue esigenze. E non si può fare a meno di notare una diminuzione dell'interesse verso processi di pacificazione e superamento di ingiustizie che sono causa di piccoli o grandi conflitti. In realtà nel 1989, alla caduta del Muro di Berlino in molti iniziarono a sperare nella fine delle divisioni e della violenza. Ma, da allora, la guerra si è mostrata come una realtà mutevole: da "mondiale" e "fredda" è diventata guerra civile e, oggi, guerra mondiale a pezzetti. E la voce del sentimento popolare per la pace - che è sempre forte, anche se sotterraneo - è sembrata affievolirsi.
Chi ricorda ancora le piazze piene in tutto il mondo nel 2003 per opporsi all'intervento americano in Iraq? Allora non scesero per le strade solo i pacifisti, ma quanti ritenevano che fare la guerra fosse un grave errore. Oggi, un diffuso senso di impossibilità domina i sentimenti di ciascuno di noi e tanti terribili scenari di violenza - su tutti Aleppo e la Siria - non inquietano le nostre coscienze. Veramente il mondo sente la mancanza di uomini della caratura di Giacomo della Chiesa capaci di un vivere appassionato, dedicati a coltivare sogni, pronti ad assumere posizioni controcorrente.
Un altro grande uomo di pace del Novecento, Elie Wiesel, scriveva che «il contrario della pace non è la guerra, ma l'indifferenza». E forse, questo è veramente il terreno su cui siamo chiamati ad impegnarci tutti. La scelta della Chiesa di riaffermare ogni anno il sogno della pace non è solo un segno di speranza, ma dice qualcosa di cui noi della Comunità di Sant'Egidio siamo convinti, e cioè che, in un mondo in cui tutti possono fare la guerra, ciascuno può fare molto per la pace. Come diceva Giovanni Paolo II, «la pace è un cantiere aperto che attende i suoi artefici».


[ Andrea Chiappori ]