Marcia della pace, in 1.500 con i profughi

Corteo dalla Nunziata a San Lorenzo, attraverso le barriere antiterrorismo
Chiappori (Sant'Egidio): «Il cristiano non è uomo in pace ma uomo di pace»

Un corteo di festa, colori e palloncini, sotto un cielo plumbeo che ha salutato il 2017. Mentre dal mondo rimbalza l'immagine di un Capodanno di sangue, con l'attentato di Istambul, a Genova c'è - ancora - chi marcia per la pace. «La pace è un dono di Dio, comincia dal cuore di ognuno di noi e si espande piano piano. - ha spiegato il cardinale Angelo Bagnasco, proprio durante il corteo - Se aspettiamo le grandi soluzioni forse aspettiamo invano. Speriamo che quest'anno attraverso i vari canali internazionali si arrivi a stabilire più zone di pace rispetto a quelle di oggi».
Tante mani bianche, marroni e nere a reggere lo striscione "La pace è il futuro" che apriva, ieri pomeriggio, la "Marcia per la pace" organizzata dalla Comunità di Sant'Egidio. Più di un migliaio, i partecipanti, in gran parte provenienti dal mondo del volontariato. E con loro tanti migranti ospitati nei centri d'accoglienza genovesi, in parte profughi scappati proprio da zone di guerra. Hanno fatto lo slalom tra i new jersey di cemento piazzati la sera prima per esorcizzare lo spettro dell'attentato terroristico di Berlino. Un'immagine simbolica, quella del serpentone di persone che superava le barriere della città impaurita, reggendo i palloncini colorati. Per aprire il nuovo anno con una speranza di pace in più. «Ormai la guerra è tornata ad essere uno strumento come altri a disposizione degli Stati», è la riflessione amara del responsabile della Comunità di Sant'Egidio Andrea Chiappori.
Il corteo ha percorso la distanza tra piazza della Nunziata e la cattedrale di San Lorenzo. In chiesa, ha parlato Chiappori: «Essere cristiani non è mai una cosa facile o scontata. Il cristiano non è un uomo in pace, ma un uomo di pace. Fare la pace, attivamente, deve essere la nostra vocazione. Dobbiamo sempre chiederci cosa possiamo fare in più, non accontentarci di come stanno le cose».
Dopo il suo discorso c'è stata la testimonianza di una donna della parrocchia di Ventimiglia che ha accolto i rifugiati al confine con la Francia, nella difficile estate della cittadina. «Avevo chiesto al Signore di poter andare in Africa come volontaria e il Signore mi ha portato l'Africa sottocasa. Sono loro che aiutano noi», ha detto la donna. Mentre un'altra volontaria della Comunità, Elisa, ha parlato della necessità del volontariato e dell'impegno diretto nelle periferie: «Le scuole della pace sono state la porta con cui tanti giovani periferici hanno trovato la Comunità di Sant'Egidio. Nelle periferie non troviamo lotta di classe o una violenza orientata socialmente, ma tanta solitudine. E la violenza diventa solo uno sfogo, per chi non sa come riempire quel vuoto. Oggi si deve lavorare nelle periferie per sostenere la scuola,far sentire ai giovani che la Chiesa è vicina, riempire il vuoto».
A concludere la cerimonia, nella chiesa della Nunziata, prima del corteo, le parole del cardinale Angelo Bagnasco che ha ricordato l'importanza di mobilitazioni non violente: «La non violenza è razionale, e ragionevole. Vale quindi per tutti, non solo per i credenti - ha detto l'arcivescovo di Genova - La non violenza è un "di più" che da soli non sappiamo darci e che viene da Dio. Questo vuol dire non scoraggiarci davanti ai nostri insuccessi, non possiamo chiuderci nei nostri recinti ed il mondo vada come vada. La grazia non è qualcosa che ci deresponsabilizza, perché il vero campo di battaglia è il cuore umano».


[ Licia Casali, Emanuele Rossi ]