Il Mozambico rinato: quella pace che ha fatto storia

Sant'Egidio
Il 4 ottobre 1992 venne siglato a Roma l'accordo che segnò la fine di un conflitto lungo 17 anni. Andrea Riccardi: «L'Italia fu un interlocutore affidabile per l'assenza di convenienze strategiche»

A venticinque anni di distanza la comunità di Sant'Egidio ricorda gli storici accordi di Pace siglati a Roma tra il governo del Mozambico e i ribelli della Renamo (Resistenza nazionale mozambicana). Un successo italiano, paradigma di dialogo diplomatico, al quale l'organizzazione può guardare con orgoglio nel giorno dell'anniversario.
Era il 4 ottobre 1992 (San Francesco), una data che segnò la fine di una guerra lunga 17 anni e certificò il successo di un negoziato difficile, raggiunto grazie alla determinazione di quattro mediatori atipici riuniti nelle stanze della sede trasteverina della Comunità. Tra questi c'era Andrea Riccardi, presente ieri alla Farnesina per le celebrazioni dell'evento assieme al ministro degli Esteri Angelino Alfano e al vice ministro della Giustizia e Affari costituzionali del Mozambico Joachim Verissimo. Con il fondatore di Sant'Egidio, sedevano al tavolo delle trattative anche un prete, Matteo Zuppi (oggi arcivescovo di Bologna), un vescovo mozambicano ( Jaime Gonçalves, ordinario di Beira, recentemente scomparso) e Mario Raffaelli, espressione del governo di Roma. «Onore e omaggio a una formula italiana che vide una pace negoziata anche da pezzi della società civile e gravida di frutti duraturi - evidenzia il ministro Alfano -Alla comunità di Sant'Egidio va riconosciuto quel metodo straordinario affermando un modello di pacificazione che si può realizzare con attori non statuali».
L'accordo generale, firmato dal presidente mozambicano Joaquim Chissano e Afonso Dhlakama, leader della Renamo, stabiliva la consegna delle armi della guerriglia alle forze dell'Onu, l'integrazione degli ex combattenti nell'esercito regolare, le procedure di sminamento e di pacificazione delle zone rurali e una serie di interventi per favorire la trasformazione del conflitto in una competizione democratica. I caschi blu arrivarono solo sei mesi dopo, ma la pace tenne anche grazie alla voglia tenace di pacificazione della popolazione e, come racconta Riccardi, in virtù della lungimirante decisione di stabilire l'amnistia per i crimini commessi durante il conflitto. Di lì a poco si sarebbero tenute le prime elezioni democratiche del Paese nel 1994.
Chiave del successo fu l'assenza di interessi da parte del mediatore principale: «L'Italia non aveva storia coloniale e il suo un intervento fu frutto dell'inventiva politica di quegli anni e dello slancio solidaristico della nostra società - sottolinea ancora Riccardi - La sua forza è stata proprio l'assenza di convenienze strategiche che ha reso il nostro Paese un interlocutore affidabile per le parti coinvolte. Quegli accordi non sono solo un episodio del passato, ma anche la rivelazione della risorse del nostro Paese per il futuro».
«Grazie a quella firma il nostro è un Paese democratico - afferma il viceministro Verissimo -. Essere qui oggi è un onore e un dovere per la nostra cooperazione bilaterale. L'Italia è ormai un partner naturale e un riferimento obbligato nel nostro processo di sviluppo». 


[ Matteo Marcelli ]