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23 Juni 2014

La preghiera per i migranti morti in mare

 
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Nella antica chiesa dedicata a San Bernardino alle Monache in via Lanzone dietro una piccola croce di legno fatta con i barconi di Lampedusa entrano portate a spalla le foto scattate dal pastore metodista milanese Uli Eckert. Raccontano del naufragio del 3 ottobre che ha documentato perché si trovava casualmente sull`isola. È l`inizio della veglia toccante organizzata dalla comunità di Sant`Egidio, "Morire di speranza" insieme alla Pastorale diocesana dei migranti, alla Caritas e al Centro San Fedele - e con l`adesione di Acli, Casa della Carità, Focolari e Opera San Francesco per ricordare nella preghiera le persone morte per raggiungere l`Europa. Milano è un punto di passaggio obbligato verso il nord.
Molti non l`hanno raggiunta e durante la celebrazione vengono letti i nomi sconosciuti di madri e padri eritrei e dei loro figli, uniti nella morte il 3 ottobre dopo aver varcato il Sahara per non dover trascorrere lavita con la divisa imposta dal regime dell`Asmara. Poi altre tragedie. Quella dei 200 siriani spariti nel Canale di Sicilia il 1 ottobre 2013, uno dei periodi più neri nella storia della migrazione. E le ultime: i 117 tra morti e dispersi eritrei e nigeriani affogati il 12 maggio a 50 chilometri da Tripoli. I 100 ghanesi morti sempre in acque libiche una settimana fa. E poi i minori che invece sono passati da Milano come Abdullah, 16 anni, per morire soffocato in un camion a Calais mentre cercava di raggiungere Londra. Nomi e storie ignorate messi insieme recuperando pazientemente le testimonianze dei sopravvissuti e ascoltando i parenti.
Tra coloro che hanno letto le intenzioni la dottoressa italo-eritrea Alganesh Fessaha, presidente dell`ong Gandhi e vincitore dell`Ambrogino d`oro a dicembre.
Nella breve omelia il nuovo responsabile della Pastorale diocesana dei migranti, don Alberto Vitali, ha ricordato che «i cristiani non devono accogliere i rifugiati solo perché lo dice la legge, ma perché accoglierli è una dimostrazione del nostro buon rapporto con Dio». Mette in guardia, don Vitali, dalla distinzione tra migranti economici e rifugiati che pare insinuarsi nei media. «Chi fugge dalla miseria non ha meno diritto di venire accolto di chi fugge da guerre e persecuzioni».
Tra i celebranti, il reverendo Vichie Sims della chiesa anglicana, Abba Samuel Arewgahegn della chiesa ortodossa etiope.
Tra il pubblico, molti immigrati e le famiglie di volontari che in tutta Milano hanno accolto distribuendo pasti e vestiti e offrendo posti letto negli ultimi 45 giorni ai giovani eritrei - perlopiù minori - che sono riusciti a sbarcare in Sicilia dalla rotta libica e poi passati dal capoluogo lombardo, hub strategico per passare verso il nord Europa.
Safir, volontario di Sant`Egidio, ha gestito l`accoglienza nella comunità pastorale Giovanni Paolo II a Greco. «La parrocchia ci ha dato un locale dove si cenava e dormiva.
Accoglievamo 12 ragazzi per sera tra i 14 e i 22 anni. Molti sono stati con noi qualche notte, altri due settimane. Sono partiti». Come Abdou, 17 anni, 3 fratelli minori, piccolo uomo che sognava la Norvegia per aiutare la sua famiglia. Partito a 14 anni da un villaggio vicino a Massaua, è andato in Etiopia pagando i soldati alla frontiera per passare, poi in Sudan, Libia, lo sbarco a Pozzallo e un autobus per Milano.
È arrivato a maggio. In Libia è stato in prigione nove mesi a Kufra, la peggiore, dove è stato torturato finché i parenti hanno pagato. Ora è in Svezia. O Moses, rapito nel Sinai, è stato torturato per un mese. Poi in qualche modo è riuscito a fuggire in Sudan dove è rimasto 6 mesi in ospedale perché le gambe non si muovevano più. Poi si è ripreso e ha trovato il modo di guadagnare qualcosa tra Uganda e Kenya. Tornato a Khartoum, è stato derubato.
È fuggito di nuovo in Congo e ancora Uganda. È andato in Libia, poi la Sicilia e Trento. «Non so che cosa succederà. Mi affido a Dio come ho fatto sinora». Oggi alle 10,30 per salutare don Giancarlo Quadri si tiene una celebrazione in piazza Santo Stefano. E dalla chiesa di San Bernardino verrà portata a spalla dagli eritrei la grande Croce di Lampedusa, benedetta da Francesco lo scorso 9 aprile e tornata a Milano. Poi partirà per un altro giro di preghiera in Italia per tornarvi a fine anno.


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