Riccardi e i duemila anni in periferia del cristianesimo

La recensione

Un ritorno a casa. Così Andrea Riccardi - storico, fondatore della Comunità di Sant'Egidio, già ministro della Cooperazione internazionale e ora presidente della Società Dante Alighieri - legge l'accento posto sul tema delle periferie da papa Francesco. Perché il cristianesimo è nato in periferia - nella periferia dell'Impero romano, la Galilea, e in un piccolo popolo, quello ebraico e nella periferia, geografica e sociale, è cresciuto per lunghi tratti della sua storia bimillenaria.
Anzi, la Chiesa è stata "centro" soltanto per una porzione storicamente ben delimitata del suo cammino. Quando, con la caduta dell'Impero romano e le invasioni barbariche, il vescovo è stato l'unica figura autorevole rimasta nelle città spopolate, attorno alla sua cattedrale si sono articolate le nuove urbanistiche medievali; ma tale centralità è venuta meno con la Rivoluzione francese, «cesura» - la definisce Riccardi - che «ha portato simbolicamente anche alla "secolarizzazione" della cattedrale di Notre Dame di Parigi che, nel 1793, dopo essere stata devastata, fu proclamata tempio della Dea Ragione».
Ma, per osare un ossimoro, la centralità periferica del messaggio cristiano si trova evidente fin dalle pagine dei Vangeli, dove Cristo figura in costante rapporto con gli ultimi, gli abbandonati dagli uomini ma non da Dio, e Gesù stesso sceglie di essere povero, umile, "periferico". I cristiani dei primi secoli furono a loro volta reietti e perseguitati, fino alla svolta costantiniana del 313, con il riconoscimento del cristianesimo quale religio licita, e soprattutto a quella teodosiana del 380, che lo proclamò religione ufficiale dell'Impero.
Questo, sottolinea Riccardi, non significò una rinuncia all'attenzione agli emarginati; «tuttavia, sul lungo periodo, si è realizzato un tendenziale divorzio tra Chiesa e periferici». Tendenziale, appunto, mai radicale: a ondate, più o meno energiche a seconda delle contingenze storiche, l'accento sulla periferia esistenziale o geografica tornò a imporsi, come dimostrano tanto le opere in favore dei poveri e dei malati, fin dalla fondazione dei primi ospedali, quanto lo slancio missionario. Parallelamente, si sviluppava nell'alveo cristiano la ricerca volontaria dell'emarginazione, attraverso l'eremitismo e il monachesimo: «Il deserto - scrive Riccardi -, vera regione periferica, si popola di cristiani che vogliono seguire il Vangelo fuori dalle tentazioni e dalla logica della città. La periferia dei monaci diventa un'altra città, retta con la regola del Vangelo, città "celeste" alternativa a quella terrena, separata da essa proprio per il suo carattere marginale».
L'analisi passa poi in rassegna le varie declinazioni assunte dal tema della periferia negli ultimi decenni, dall'esplosione urbana seguita all'industrializzazione, alle sfide poste dalla crescita dei Paesi del Sud del mondo, dall'esperienza dei preti-operai al contesto estremo dei lager e dei gulag, fino a tratteggiare alcune figure esemplari, ognuna a suo modo, di questo impegno: gli archimandriti Bucharev e Spiridion, la monaca Mat' Marija, il "folle di Dio" Giuseppe Sandri. Figure, conclude Riccardi, che mostrano quanto l'opzione della periferia sia «il senso di una fecondità» duratura. Periferie sarà presentato domani a Torino, alle 18.00 nella chiesa dei Santi Martiri, dall'autore assieme a monsignor Cesare Nosiglia, arcivescovo di Torino, e Marco Tarquinio, direttore di "Avvenire". 


Andrea Riccardi PERIFERIE Crisi e novità per la Chiesa Jaca Book. Pagine 148. Euro 10,00

La recensione sul Corriere della Sera


[ Edoardo Castagna ]