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24 Oktober 2011

La scuola dei figli, unica certezza di un papà rom

 
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Scrivo mentre sono in vacanza con i miei figli. Il maggiore, 10 anni, sta scrivendo una cartolina ad un compagno di scuola. Mi ricordo di averne scritte tante alla sua età su quello stesso tavolo. Penso a chi le vorrei scrivere oggi, parenti, amici. Nell’era di internet di molti non saprei neppure l’indirizzo. Una, di certo, la manderei a Florin, di lui un indirizzo ce l’ho, ma la cartolina non arriverebbe. Florin è rom, papà anche lui di tre figli che vanno a scuola, la maggiore Alexandra è già alle medie. Non ha un indirizzo vero perché ha subìto numerosi sgomberi in questi ultimi due anni; a quello del novembre 2009 nel mio quartiere, Rubattino, ne sono seguiti tanti altri. Ogni volta è così: lui trova un accordo con  qualcuno per collocare il suo camper, pagando un modico affitto con il lavoro che ha, part time, all’Amsa. Poi dura poco, chiamano la polizia per mandarli via perché vedono che sono in tanti, lì dentro, lui coi figli e la moglie, il fratello con la sua altrettanto numerosa famiglia.

Florin mi ha spiegato perché preferiscono stare insieme così numerosi. Hanno paura, vivono nell’insicurezza. Di sera non ci sono luci e tornare al camper, soprattutto per le donne, fa paura. Meglio essere in tanti, meglio che ci siano più uomini insieme, se lui fa tardi sul lavoro, a «casa» c’è il fratello o il nipote maggiore. Si è più sicuri, così, in tanti. Mi   sorprende sempre come la parola «sicurezza» possa essere percepita diversamente a seconda di chi la pronuncia, oggi che è così tanto (ab)usata nei programmi elettorali o televisivi.

In questa situazione una certezza Florin ce l’ha. I suoi figli continuano ad andare nelle loro scuole, quelle del quartiere Feltre vicino a via Rubattino, dove andavano già tre anni fa, iscritti dalla Comunità di Sant’Egidio. Conoscono le maestre, le prof, i compagni, le mamme. È complicato arrivare puntuali, ad ogni sgombero ridefinire gli orari, i mezzi pubblici necessari per raggiungere la scuola, ma – mi dice – ci tengo io e ci tengono loro, anche Marius, il più piccolo, in terza elementare il prossimo anno, con quello sguardo attento e curioso che gli ho visto quando l’ho salutato insieme al papà.

Conosco Florin grazie alla voglia di andare a scuola dei suoi figli. Ricevono una borsa di studio attraverso un progetto per l’integrazione scolastica della Comunità di Sant’Egidio. Loro si impegnano a frequentare la scuola con costanza – anche impiegando ogni mattina più di un’ora per arrivarci – e ricevono un contributo mensile per coprire le varie spese (abbonamenti pubblici, materiale scolastico, etc.).

Questi progetti funzionano coinvolgendo le maestre dei bambini e qualcuno che vede il genitore per sapere come va, se ci sono difficoltà. Con Florin quel qualcuno sono io, una volta al mese, ci incontriamo brevemente e mi aggiorna. Nel secondo quadrimestre dell’anno scolastico appena concluso la borsa è stata coperta con l’aiuto dell’Associazione  Genitori della scuola dei miei figli. È stata approvata la proposta, dato che incentivare l’integrazione scolastica è negli scopi dell’Associazione. Ne sono stato felice, non tanto per il piccolo aiuto dato ai figli di Florin, ma per ciò che può

significare questa azione, cioè che si possano fare cose concrete, senza esibizione, con il fine di far progredire

tutta la comunità a cominciare dai bambini e dalle bambine, e dal garantire a tutti loro un diritto importante e basilare come andare a scuola. Forse nel nuovo anno scolastico amplieremo il progetto e, magari nella prossima estate – se la politica comunale avrà abbandonato la logica degli sgomberi dissennati e intrapreso soluzioni più lungimiranti, concertate, mirate all’integrazione – potrò inviare una cartolina a Florin ad un indirizzo sicuro.

Chi volesse aiutare e sostenere questi progetti o ricevere informazioni può mettersi in contatto via e-mail all’indirizzo [email protected]


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