NAPOLI. I rappresentanti delle 160 associazioni e movimenti che hanno preso parte a Napoli agli stati generali degli «Amici dei poveri» lo hanno chiesto con forza: avviare l'iter legislativo per riconoscere la cittadinanza italiana ai bimbi, figli di stranieri, nati Italia. Un riconoscimento «auspicabile» ha detto subito dopo il ministro per la Cooperazione internazionale e l'integrazione, Andrea Riccardi, ricordando che più volte ha posto il tema.
A suscitare il dibattito nella due giorni sul tema «Chiesa di tutti e particolarmente dei poveri» è stata la toccante testimonianza, sabato sera, di un ragazzo di 13 anni, residente a Roma, figlio di un immigrato del Sudan e di una donna salvadoregna. Il ragazzo ama profondamente l'Italia. «Ma mi hanno detto qualche tempo fa che io per la legge non sono italiano. Mi sembra assurdo. Non riesco nemmeno a pensarmi di un'altra nazionalità», ha raccontato.
«Tanti sono come lui. È urgente che la politica dia presto risposte a lui e alla sua generazione», ha rilanciato il presidente nazionale della Comunità di Sant'Egidio, Marco Impagliazzo lanciando un appello. Il ministro Riccardi poi parlando con i giornalisti ha auspicato che ci sia una soluzione in tal senso. La platea dei partecipanti -suddivisa in 13 gruppi di studi – ha chiesto anche la evisione della legge Bossi-Fini. È stato sempre Impagliazzo a rappresentare le valutazioni fatte dai volontari secondo i quali c'è ancora «un certo disprezzo verso gli stranieri. Mabisogna reagire con forza».
Tra gli obiettivi prioritari quello della integrazione dei cittadini rom.Nella due giorni -promossa dalla diocesi di Napoli e dalle comunità di Sant'Egidio e comunità Giovanni XXIII- si è fatto il punto sul lavoro silenzioso svolto in ogni angolo di Italia ma anche all'estero da migliaia di persone dei movimenti e delle associazioni ecclesiali che operano nel solco delle linee tracciate, 50 anni fa, dal Concilio Vaticano II. Si tratta di quelle persone che quotidianamente sono accanto agli ammalati di Aids, ai minori a rischio, ai tossicodipendenti o più semplicemente a quelle famiglie che sono in difficoltà e che hanno come unico punto di riferimento per sfamarsi le mense parrocchiali.