Corridoi umanitari. Il «made in Italy» della solidarietà

Chiesa Valdese e S. Egidio in prima fila con la Farnesina grazie ai fondi dell'8 e 5 per mille. Attesi 500 migranti dall'Africa, un modello per l'Europa

Un «made in Italy» del quale andare fieri. Perché ha offerto una speranza di futuro a centinaia di persone, sottraendole ai tentacoli criminali dei trafficanti di esseri umani. E perché ha dimostrato, nei fatti, come sia possibile coniugare legalità e sicurezza. Il «made in Italy» della solidarietà: i corridoi umanitari. Una esperienza che ha visto impegnato il sistema-Paese: il governo, attraverso il ministero degli Esteri, e organizzazioni della società civile, orientate da valori morali e da una religiosità che guarda all'essere umano come entità irripetibile a cui garantire il primo fra tutti i diritti, quello alla vita.
Sono i volontari della Comunita di 
Sant'Egidio, della Tavola Valdese, delle Chiese evangeliche e di tante associazioni laiche. I corridoi umanitari come forma peculiare di rapporti con Paesi in prima linea nel far fronte all'emergenza profughi: come il Libano, ad esempio. E in un futuro che si fa presente, anche la Tunisia. Legalità e sicurezza: attraverso «corridoi umanitari», avrebbero diritto di ripartire dallaTunisia verso l'Italia o altre destinazioni europee solo i rifugiati di cui viene accolta la domanda di asilo. I corridoi umanitari sono frutto di un Protocollo d`intesa sottoscritto in Italia il 15 dicembre 2015 tra ministero degli Affari Esteri e ministero dell'Interno, da un lato e, dall'altro, Comunità di Sant'Egidio, Federazione delle Chiese evangeliche e Tavola Valdese.
«Questo Protocollo d'intesa - rimarca in un interes
sante saggio sulla rivista II Mulino il professor Antonio Mutti, docente di Sociologia economica nell'Università di Pavia - ha previsto l'arrivo in Italia, tra il 2016 e il 2017, di mille profughi dal Libano (prevalentemente siriani fuggiti dalla guerra), dal Marocco (dove giunge buona parte di chi proviene dai Paesi subsahariani martoriati da guerre civili e violenza diffusa) e dall'Etiopia (er
itrei, somali e sudanesi). Si tratta di un progetto-pilota volto a concedere a persone in "condizioni di vulnerabilità" (vittime di persecuzioni, torture e violenze, minori non accompagnati, donne sole con bambini, anziani, malati, persone con disabilità) un ingresso legale sul territorio italiano con visto umanitario e la possibilità di presentare successivamente domanda di asilo».
Ma perché questa pratica che abbina sicurezza e legalità, non mettendo tra parentesi i diritti e la dignità della persona, possa svilupparsi occorre che il «made in Italy» della solidarietà si trasformi al più presto in un «made in Europe». «Certamente - annota sempre Mutti - se molti Paesi dell'area Schengen si impegnassero nei corridoi umanitari, coinvolgendo sempre più settore pubblico e settore privato, l'operazione diventerebbe più sostenibile anche sotto il profilo finanziario. Potrebbe anche preludere a una revisione del regolamento di Dublino e della legislazione europea. Soprattutto, rappresenterebbe una prospettiva diversa, o perlomeno integrativa, rispetto a quella oggi dominante della militarizzazione delle frontiere (Guardia di frontiera europea, azione navale contro i trafficanti Eunavfor Med - operazione Sophia) e permetterebbe la gestione in tempi brevi della sicurezza dei migranti particolarmente vulnerabili...». La fuga sicura dalla guerra diventa così un modello esportabile: la Francia è a un passo dall'adozione di un protocollo simile per gestire i flussi dal Maghreb, mentre la influente Chiesa polacca sta facendo pressione sul governo di Varsavia, per accogliere così un pugno di rifugiati. Una visione inclusiva che ispira profondamente anche il Migration Compact presentato dall'Italia a Bruxelles.
«Non si può negare che per affrontare alle radici il fenomeno epocale delle migrazioni dal Sud del mondo occorrerebbe prima di tutto fermare i conflitti, le violenze e

gli abusi che costringono intere popolazioni a partire - rileva Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant'Egidio - In altre parole fare la pace. Ma in attesa che ciò avvenga è assurdo continuare a pensare che la soluzione sia solo quella di contenere l'afflusso verso il nostro continente, anziché gestirlo con umanità e anche con un rilevante interesse economico, dato l'invecchiamento demografico in corso in quasi tutta l'Europa. Senza calcolare il vantaggio che costituiranno i corridoi umanitari per la sicurezza di tutti».
I fondi per i corridoi umanitari vengono dall'8x1000 della Tavola Valdese, da donazioni private e dalla Comunità di 
Sant'Egidio attraverso il 5x1000. Il sistema di accoglienza e di integrazione, che coinvolge organizzazioni di volontariato in più di 10 regioni, è parte fondamentale del progetto. I corridoi umanitari - rimarcano alla Farnesina - sono un progetto pilota che dimostra come, utilizzando gli strumenti legislativi già a disposizione dell'Unione Europea, si possono garantire ingressi regolari scongiurando rischiosi "viaggi della speranza".
Un progetto quindi replicabile in altri Paesi insieme alla società civile, un modello di solidarietà che è sicuramente un vanto per l'Italia, come ha sottolineato anche Papa Francesco: «Guardo con ammirazione all'iniziativa dei corridoi umanitari, sono la goccia che cambierà il mare».
La Chiesa italiana realizzerà corridoi umanitari per 500 profughi provenienti dai Paesi del Corno d'Africa, attraverso un protocollo d'intesa firmato il 12 gennaio o a Roma tra la Conferenza episcopale italiana, il ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione internazionale, il ministero dell'Interno, e la Comunità di 
Sant'Egidio. Si tratterà principalmente di profughi eritrei, sudanesi, sud-sudanesi e somali. Ecco allora che i corridoi umanitari possono diventare per migliaia di persone in fuga dall'inferno di guerre e dittature sanguinarie, la «strada della speranza».


[ Umberto de Giovannangeli ]