Da Homs a Roma, la nuova vita di F. I sogni di Mariam e di Rasha ...

Hussein vuole diventare cuoco, Diya tornerà a correre: ecco i sogni dei siriani che fuggono dalle bombe e dalle persecuzioni in cerca di un futuro diverso
Sette anni, è arrivata grazie a un corridoio umanitario che porterà in Italia 93 profughi: "Voglio tornare a scuola"

Da Homs a Roma, la nuova vita di F.:

Dice «ti amo» perché non conosce ancora «ti voglio bene», sorride sempre tranne quando sente rumori in cucina: le pentole che cadono ricordano il suono delle bombe che hanno distrutto la sua casa a Homs. Da grande Hussein, 6 anni, vuole fare il cuoco, intanto mangia patatine e si addormenta sorridente con le mani ancora nella busta. Il piccolo siriano dal 4 febbraio è al sicuro in una nuova casa a Trastevere, a Roma. Con lui la sorellina Falak, 7 anni: proprio grazie alle cure ricevute in Italia è stata salvata da un tumore agli occhi. Rischiava la cecità, ora ha una protesi al posto della benda e non fa che ripetere che «vuole andare a scuola»:  ci andrà, in quella nuova romana, appena finite le cure. F. e Hussein Hourani, assieme ai loro genitori, sono i primi arrivati in Italia grazie a un corridoio umanitario che consentirà un approdo sicuro a mille persone da qui al 2017. Un gruppo di 93 arriverà a Fiumicino lunedì dal Libano, poi ci saranno altri voli, uno al mese, fino ad arrivare a mille accoglienze. L'iniziativa è unica in Europa: la Farnesina e il ministero degli Interni hanno siglato con la Comunità di Sant'Egidio, la Federazione delle chiese evangeliche e la Tavola valdese uno speciale protocollo. Sfrutta l'articolo 25 del regolamento europeo dei visti, la possibilità di concedere visti per motivi umanitari. «Libano, Marocco ed Etiopia: da qui, sulla base delle segnalazioni delle ong, abbiamo individuato   una lista di soggetti fragili. Donne, bimbi, malati, in fuga dalla guerra», spiega da Beirut Maria Quinto che sta preparando sul campo assieme ad altri volontari la partenza dei 93, ma anche il percorso di integrazione dopo l'arrivo. Un sistema "esportabile" che non a caso attira le attenzioni del commissario europeo Dimitris Avrarnopoulos. Falik e Hussein di tutto questo conoscono solo il sapore di una vita nuova. Si sono allenati dipingendo la bandiera d'Italia sul muro del garage libanese in affitto, mentre la mamma imparava l'italiano su Internet. Il viaggio in aereo è stato il primo della loro vita, in aeroporto correvano dalla gioia. Lui a Roma sogna di fare il cuoco, lei la dottoressa. Storie con un finale diverso da altre come quella di Aylan.

Da un lavatoio a una casa a Trastevere :

Fugge dalla furia dell'Is, Mariam, e a 72 anni si mette in cerca di un'altra vita. Lunedì, quando arriverà a Fiumicino, la accoglierà il nipote venuto apposta dalla Svezia. Ma poi saranno altri due anziani romani a occuparsi di lei: una speciale solidarietà tra coetanei concordata a distanza di chilometri. La vita precedente di Mariam si svolgeva ad Al Hasaka città nella Siria settentrionale abitata in prevalenza da curdi. Lei era una minoranza nella minoranza cristiana: parla solo assiro, non conosce neppure l'arabo. La penetrazione di Daesh in Siria le ha reso ancora più precaria un'esistenza già fragile: Mariam ha difficoltà a comunicare, non ha nessun parente con sé. Suo nipote, che vive serenamente in Svezia, ha provato in ogni modo a far arrivare la nonna da lui, mentre giorno dopo giorno su Internet leggeva le notizie degli ultimi massacri. Ma non ci era riuscito: ora prepara una valigia per raggiungerla a Fiumicino lunedì mattina. La fuga di Mariam comincia da lontano. Scappare dall'Is ha significato per lei rischiare tutto, andare in Libano, li prendere in affitto a un costo che non poteva permettersi un ex lavatoio: un letto, una stufetta, un comodino a fare da tavolo, nient'altro. Proprio come la famiglia di Falak e Hussein, nel loro garage affittato per 200 dollari, e come molti altri. Il Libano accoglie un milione e mezzo di sfollati su una popolazione di quattro: situazione al collasso.
 
Rasha: Sperando di ritrovare il marito

Non sa se riuscirà mai a ritrovare suo marito, Rasha. Ha trentacinque anni e fugge dalla periferia di Damasco, da quel campo palestinese di Yarmouk dove le schegge di una bomba le hanno fatto perdere la vista. In Libano ha trovato rifugio e solidarietà per quattro anni, ma ora fa il conto alla rovescia: lunedì ricomincia tutto a Roma. Verrà curata e soprattutto, come lei stessa racconta, finalmente i suoi tre bimbi potranno andare a scuola. Come un altro dei bimbi in fuga dalla guerra, il piccolo Diya. Lui è nato a Homs e da grande avrebbe voluto fare il calciatore come tanti bambini. Ma per chi nasce in Siria mettere in porta il proprio sogno è ancora più difficile. Quando un ordigno è scoppiato nella strada del suo quartiere, Diya si è ritrovato all'improvviso senza una gamba. In un ospedale di fortuna l'hanno operato amputandogli l'intero arto. Lui non ha smesso di ridere, di giocare, persino di correre con le sue stampelle. Falak e Hussein hanno conosciuto Diya qualche settimana fa: i tre bimbi parlavano insieme della nuova vita. Hanno giocato insieme prima che gli al Hourani partissero. Lunedì anche per Diya arriverà il momento di raggiungere l'Italia. Dopo l'atterraggio a Fiumicino, andrà per qualche tempo in Emilia Romagna, dove verrà curato e potrà avere una protesi. «Una nuova gamba», così la chiama lui mentre aspetta con impazienza di partire. Finite le cure, comincerà la sua infanzia italiana ad Aprilia, vicino Roma.

 


[ Francesca De Benedetti ]