Ponti non muri

Dalle commissioni episcopali europee Iustitia et Pax

«La sicurezza è essenziale e positiva, ma quando non è unita alla giustizia e ai diritti umani diventa alienante, impedisce gli scambi e può diventare un nuovo motivo per conflitti e divisioni»: è quanto scrivono nella dichiarazione conclusiva i delegati delle 31 commissioni episcopali Iustitia et Pax dei Paesi europei che si sono riuniti a Lussemburgo nei giorni scorsi. «Diffidiamo dell'idea che l'Europa possa raggiungere la sua sicurezza costruendo muri», si legge nel testo, muri che sono inefficaci di fronte «alla natura delle minacce alla sicurezza dell'Europa così diversificate e complesse. L'alternativa è un ordine del mondo basato sulla giustizia».
I delegati hanno lanciato diversi appelli: all'Ue e ai suoi membri per una «politica di pace basata sullo sviluppo umano integrale»; ai politici perché ogni loro scelta e parola sia «nel rispetto della dignità umana e del principio dello Stato di diritto»; agli intellettuali perché «elaborino nuove idee in grado di offrire una prospettiva per tutti»; a chi lavora nella comunicazione perché abbia «un più forte senso di responsabilità etica, denunci il linguaggio violento e non incoraggi gli stereotipi»; alla Chiesa perché sia «sacramento di pace»; a ogni cittadino perché contribuisca a «costruire una comunità sicura e pacifica con il dialogo e in spirito di fraternità».
Della necessità di creare un sistema di corridoi umanitari in soccorso dei migranti, ha invece parlato nel corso di un convegno il segretario generale della Conferenza episcopale italiana, il vescovo Nunzio Galantino. «Come Caritas e Chiesa italiana - ha detto - stiamo trattando per aprire corridoi umanitari con l'Etiopia e altre regioni che vivono drammi indicibili. Perché i muri dell'Europa non fermeranno chi è intenzionato a guardare oltre: cercheranno altre strade. Sogno il momento in cui quello che si spende per l'immigrazione non sia più iscritto tra le spese, ma tra gli investimenti». A ragione di quanto espresso da monsignor Galantino, vi è l'esperienza dei corridoi umanitari realizzata dalla Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei), dalla Tavola valdese e dalla comunità di Sant'Egidio, e che ha già portato circa 300 profughi in situazione di vulnerabilità, soprattutto siriani, dal Libano in Italia.
Intanto, lunedì scorso, nella chiesa di San Gerlando gremita di fedeli è stata celebrata la messa, presieduta dal parroco dell'isola, don Mimmo Zambito, alla presenza del pastore Luca Maria Negro, presidente della Fcei, in ricordo delle vittime di tutte le frontiere. Durante la celebrazione, è stata letta una dichiarazione ecumenica per ribadire che «le morti in mare si possono contrastare aprendo vie di accesso legali e sicure». «In quest'isola, in questa chiesa e con rinnovato spirito ecumenico e interreligioso - si legge nella dichiarazione - ci impegniamo a lanciare un nuovo appello alla comunità internazionale, alle leadership europee e mondiali, alle nostre sorelle e ai nostri fratelli ancora indifferenti o esitanti di fronte alle sofferenze dei migranti e dei profughi. Siamo qui per chiedere nuove politiche migratorie affinché i nostri Governi e le istituzioni europee adottino politiche di accoglienza che mettano fine alle stragi di immigrati; alla brutalità del traffico di uomini; all'angoscia e alla paura di migliaia di persone che fuggono disperate da persecuzioni, guerre, violenze e fame. Siamo qui - prosegue il testo - per impegnarci a vigilare sul rispetto dei diritti umani, sulla qualità dell'accoglienza ai profughi e ai migranti che avviene nei centri e negli hotspot presenti nei nostri territori, sull'effettiva protezione che leggi morali e civili ci impongono di riconoscere a chi fugge da guerre e persecuzioni. A tutti chiediamo di guardare alle migrazioni mediterranee non con gli occhi della paura e dell'egoismo ma con quelli del diritto e della solidarietà».
Al riguardo, i partner ecumenici hanno lanciato un appello affinché «Lampedusa non diventi una frontiera di nuovi fili spinati che dividono e feriscono l'Europa e l'umanità, ma perché possa essere un luogo in cui uomini e donne di buona volontà costruiscono ponti di dialogo, di cooperazione e di pace. È questa la preghiera che rivolgiamo al Signore: che faccia di noi costruttori di ponti, uomini e donne che sanno aprire la loro porta e il loro cuore a chi cerca protezione e accoglienza. In un giorno della memoria e del cordoglio - conclude la dichiarazione - è questo l'impegno che oggi, a Lampedusa, noi ci assumiamo insieme». Nel 2016 si stimano già oltre 4.000 morti fra i migranti, in aumento rispetto agli anni precedenti, e in gran parte nella rotta del Mediterraneo verso l'Italia, nonostante le misure di salvataggio dell'operazione "Mare Nostrum".