Senza fiori, pietà e memoria: "invisibili" anche da morti

La storia di Ion

Ppoveri, anche da morti. Questa è la storia di loan (Giovanni), rumeno di 59 anni, arrivato in Italia cinque anni fa e morto a Roma lo scorso 24 agosto, nella roulotte che gli avevano regalato dei volontari, che è riuscito ad avere un funerale e una degna sepoltura solo perché chi lo aiutava in vita ha molto insistito.
Questa è la storia della difficoltà che hanno tanti senza fissa dimora di essere rispettati e riconosciuti come persone, anche nel loro ultimo atto, quando muoiono. Se qualcuno non si occupa di loro non hanno nemmeno un funerale. Neanche un nome sulla tomba e nemmeno una croce. Perché qui a Roma, se qualcuno non se ne occupa personalmente, li seppelliscono sì, nella migliore delle ipotesi, ma non c'è nome sulle loro lapidi. Perché la targhetta costa e nel servizio comunale non è prevista. Sono invisibili, anche da morti.
Ioan, sguardo aperto, baffi e italiano incerto, era arrivato in Italia in seguito a un ictus cerebrale durante il quale i suoi parenti, pensando che non sarebbe sopravvissuto, gli hanno "rubato" la casa falsificando la sua firma. Quando lui si è ripreso e ha capito che non aveva più nulla, è scappato dal suo Paese per vergogna. È arrivato a Roma e ha costruito una piccola baracca in un parco, nei pressi di via della Farnesina, nascosta sotto un ponte. Ma dopo un anno, la polizia gliel'ha buttata giù. «Era illecita», dissero gli agenti. Così lui ha cominciato a dormire sul marmo freddo, sotto i portici della Gran Madre di Dio, una chiesa nella piazza di Ponte Milvio. E per due anni è andata così. Con il freddo e il caldo che gli si appiccicavano addosso.
Fino a quando dei volontari gli hanno comprato una roulotte. Era contento: finalmente poteva cucinare qualcosa di caldo e dormire su un materasso vero. Di giorno, aiutava un venditore di panini che era suo vicino di parcheggio e ogni tanto faceva qualche lavoretto edile per guadagnare qualche euro. Era schivo, Ioan, con chi non conosceva, ma socievole con chi gli si avvicinava sorridendo.
Lo scorso agosto Ioan è morto ed è stata aperta un'inchiesta come spesso accade quando qualcuno muore per strada. Fatta l'autopsia e chiusa l'inchiesta, la sua salma è rimasta fino al 4 novembre nella camera mortuaria del Policlinico Gemelli. Essendo straniero, il pubblico ministero non concedeva ad altri se non ai suoi familiari il nullaosta per il funerale. Grazie a don Antonio Coluccia, un prete che lo aveva aiutato in precedenza, è intervenuta la Comunità di Sant'Egidio trovando una mediazione con le istituzioni e i servizi. Alla fine, il funerale è stato celebrato da tre sacerdoti. La comunità di San Filippo Apostolo, a Grottarossa, gli si è stretta attorno. Sulla bara, una corona di fiori con una fascia che diceva "i tuoi amici".
Per tanti senza fissa dimora che non hanno amici il trattamento è diverso. Se qualcuno non si occupa di loro (Sant'Egidio o Caritas) non c'è funerale, ma solo un nome scarabocchiato con un pennarello indelebile nel posto che occupano.


[ Geraldine Schwarz ]