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7 Settembre 2015 16:30 | Universita' Politecnico di Tirana

Intervento di Antoine Guggenheim



Antoine Guggenheim


“Collèges des Bernardins”, Francia

Riassunto: Il mondo moderno ha contestato il ruolo sociale della gratuità in nome della libertà di ricerca dell’interesse individuale e della uguaglianza dei diritti. Tuttavia la modernità consente anche di approfondire l’idea di gratuità grazie alla categoria relazionale “scambio disinteressato di doni”. Ripensata così la gratuità fa nascere ed orienta la creazione di valore nell’economia globale liberandola dal suo contrario, l’alienazione della moltitutudine da parte di qualcuno soltanto, che é la maledizione del mondo moderno.


1.    Una convinzione
Io sono appena tornato dopo tre mesi trascorsi a Shanghai dove ero stato invitato dalle università di Fudan e Jiao Tong, e parlerò alla luce di questa esperienza di insegnamento e della riflessione che essa suscita in me. La mia convinzione non è cambiata, ma si é chiarita. Essa é quella del Vaticano II e di Giovanni Paolo II: la persona umana, sempre e ovunque, si realizza nello scambio disinteressato di doni. La consequenza economica é espressa nell’ecinclica di Benedetto XVI Caritas in veritate, in cui il papa spiega perché la gratuitá non é un fenomeno marginale dell’economia (che la completerebbe sul piano dei valori individuali o riparerebbe i suoi guasti sociali) ma è la sua energia e la sua finalità.

2.    La gratuità: un concetto da ripensare nella modernità
La Cina in cento anni è diventata, attraverso violenze rivoluzionarie che non è pronta a dimenticare, una nazione e uno stato moderni. Si conoscono le sfide di questo paese: un regime autoritario che perde i suoi ideali, una economia feroce e ingiusta, un inquinamento quasi senza controllo. Se ne parla talmente tanto che ci si può chiedere se la nostra critica alla Cina non sia venata dalla paura, dall’interesse o dal razzismo. Crisi dell’ambiente, crisi economica, crisi politica: quali paesi moderni sfuggono a queste crisi?
Che cos’è un paese moderno? E’ una nazione e uno stato in cui la politica e l’economia non sono più fondate sulla tradizione e l’autorità, ma sull’adesione individuale e sull’interesse. Lo dico senza esprimere giudizi, ma esaminando, insieme ai miei studenti cinesi, le radici dell’idea politica ed economica della modernità in Montesquieu, Rousseau, Tocqueville, o Marx...
L’autorità ereditata dalla tradizione nell’ “Ancien Régime”, feudale o assolutista, suppone una gerarchia d’onore intangibile. Si nasce e si vive con dei dirittti e dei doveri, che proteggono ma che sono diseguali, che si appartenga alla servitù, o alle corporazioni, alla cavalleria, all’episcopato. Le posizioni e le relazioni sociali sono asimmetriche. Disinteresse e gratuità sono appannaggio dei potenti, dei superiori, il cui motto è: “noblesse oblige”. La gratuità è per essenza non ugualitaria e dall’alto verso il basso. Noi diremmo oggi: paternalista. Essa non si iscrive in uno scambio di doni, ma essa consolida una gerarchia di valori sociali e di uomini.
Il “contratto sociale” moderno invece si fonda, sul piano politico ed economico, sulla sovranità del popolo e l’autonomia degli individui. La legge, che garantisce il conseguimento dell’interesse individuale nel quadro dell’interesse comune, fonda la libertà del legame politico e riconosce la legittimità della libera impresa.
Che siano o no pensati come persone, cioè come esseri relazionali, gli individui moderni reclamano il diritto di iniziativa: diritto di voto, e di controllo dei poteri pubblici; diritto di libera impresa economica. Se l’associazione di tutti è libera, è perché essa è interessata. La gratuità, come la carità, sono viste in questo contesto come un supplemento di anima delle relazioni sociali, necessarie, ma secondarie.
La finalità delle istituzioni politiche ed economiche nella modernità è quella di far crescere la giusta autonomia e la capacità di iniziativa di ciascuno, ciò che in inglese si dice in modo suggestivo: empowerment (crescita della capacità). Si potrebbe parlare di sussidarietà, o, in termini piú tradizionali, di “provvidenza reciproca” (Tommaso d’Aquino: ognuno è responsabile della libera realizzazione di sé dell’altro”), o di “partecipazione” (Joseph de Finance, Giovanni Paolo II), o di “benevolenza reciproca” (Confucio).
Quel che garantisce l’autonomia di ciascuno nella società moderna, è che la sua libera partecipazione all’azione comune, contribuisce alla sua realizzazione personale e al suo interesse. Come diceva Jacques Maritain, in un Regime moderno, “il bene comune non è il bene privato del tutto, ma il bene del tutto e delle parti”.

3.    Non sbagliare nella gratuità (attenzione alla gratuità sbagliata)
Come pensare alla gratuità in questo contesto? Possiamo notare che la modernità riprende e approfondisce, secolarizzandola, un’idea cristiana: noi siamo liberi e responsabili ad immagine e a somiglianza di Dio. E tuttavia l’insistenza moderna sulla ricerca dell’interesse non distrugge le basi dell’idea di gratuità?
Certo, per il pensiero moderno è difficile accettare l’idea della gratuità. Essa sfugge ai margini del Reale (la vita privata o l’utopia) ed è sospettata di essere una finzione psichica o sociale, un oppio del popolo (Marx) o dell’elite (Freud). L’enigma del dono ossessiona la sociologia. Il dono e il contro-dono tessono il legame sociale in una certa uguaglianza, riconoscono gli antropologi. L’appello ad una gratuità volontaria, come la vita mendicante di san Francesco, rinnova e rivoluziona questo legame, senza rimpiazzarlo né abolirlo.
In effeti la critica moderna di un paternalismo gerarchico e corporativo, di una gratuità “Ancien Régime”, che rafforza le dipendenze dimenticando le reciprocità, mi sembra piuttosto liberatrice ed evengelica. Giovanni Paolo II ha rivelato, scrutando il paradigma dell’amore coniugale, che la natura dell’amore è di quella di essere “uno scambio disinteressato di doni”.
La novità che ci propone è personalista e relazionale. Giovanni Paolo II ha anche riconosciuto nella solidarietà, virtù moderna per eccellenza, reciproca e comune, quasi una virtù teologale, che assume nell’ordine pubblico i diritti e i doveri della giustizia e della carità reciproche.
La gratuità esiste nel mondo moderno? Sì! E forse tanto più se si considera che il concetto di scambio di doni completa e chiarifica quello di azione disinteressata. La ricerca dell’azione disinteressata, non è forse un’ipocrisia sorridente, una smorfia mascherata, preoccupata della propria perfezione morale?
Il disinteresse, virtù impossibile e un po’ narcisista, non è che l’orizzonte o l’asintoto del culto di sé se lo si concepisce al di fuori della relazione di servizio e di scambio reciproco di doni. “lo scambio disinteressato di doni” è la vera gratuità dell’amore. Io propongo di vedervi una misericordia universale, perché reciproca.
Tommaso d’Aquino non sottolinea forse che il dono dell’esistenza e della salvezza fatto dal Creatore e Redentore dell’Uomo è l’atto più gratuito che ci sia? E lo attribuisce alla misericordia divina. Un atto che dona tutto e non crea un debito, perché non è dettato che dall’amore, è un atto che libera per amare in cambio “con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze”. Dio è disinteressato nello scambio di doni in cui ci introduce, creandoci. E’ per questo che Egli desidera così fortemente il nostro amore in cambio. Come dice Ireneo: “la nostra vita è la sua gloria e la sua gloria è la nostra vita”. O, secondo le parole di Benedetto XVI nella Deus caritas est, in Dio, così come lo rivela la Bibbia, agape e eros sono una sola cosa.
E’ così che Dio rivela il suo Nome a Mosé: “Io sono!” o “Io sono con te” (Esodo 3) nel contesto della liberazione dall’Egitto e del dono della salvezza, cioè del dono dell’alleanza e della chiamata ad amare in cambio. “Colui che è” dona l’essere in atto. Egli dona e spera la libera capacità di tutto donare e di donarsi in cambio: empowerment, provvidenza, benevolenza, partecipazione, sussidarietà...
Io esisto attraverso l’altro. La reciprocità del dono libera la gratuità dell’amore. La “metafisica dell’Esodo” (Gilson) è già un Cantico dei Cantici.
La gratuità-misericordia non è il contrario della ricerca della realizzazione personale, né dell’interesse individuale, ma la sua iscrizione in una relazione di benevolenza reciproca. La misericordia è universale quando si impegna nella cura dell’altro “come di se stesso”. “Ama il tuo prossimo come te stesso” (Levitico 19; Matteo 22). “L’uomo è un povero che ha bisogno di domandare tutto a Dio”, diceva il Curato d’Ars.
Se la misericordia è universale quando è reciproca, se essa è uno scambio di doni disinteressato e senza condizioni, essa è una relazione di amore, in cui ciascuno nasce alla libertà e alla salvezza. “Amatevi gli uni gli altri come io vi ho amati” (Giovanni 13). Come il disinteresse e la gratuità potrebbero essere una norma dell’agire umano e cristiano, se non sono sostenuti da un desiderio di scambio reciproco? L’agire cristiano non ha forse come norma l’eucarestia, lo “scambio ammirabile” il dono reciproco dei corpi?
Se non è reciproco, il dono disinteressato rischia di essere una forma sottile dell’apatheia stoica: l’espressione di un’assenza di passione, un desiderio di autosufficienza. Una gratuità che non ricerca l’altro non è che un’appendice della morale del dovere, disattenta alla fragilità della carne e dello spirito umano e alla loro essenza relazionale.
La libera ricerca della realizzazione dell’altro e di sé può essere gratuita se si iscrive in uno scambio di doni disinteressato, come una misericordia verso l’altro e verso sé stesso. Qui nasce una produzione di valore, una politica e un’economia, che fanno vivere l’umanità. Se noi amiamo l’altro in questo modo, il sacrificio di sé per lui, offerto ed accolto, supremo atto di misericordia, si iscrive esso stesso in una relazione, che contribuisce a realizzarci reciprocamente. Non è questo forse l’insegnamento di Cristo dal Battesimo alle Beatitudini, dalla Trasfigurazione all’Agonia, dalla Croce alla Resurrezione?
La libera associazione di uomini e donne, che è il modo di vivere e di pensare dei moderni, chiede che ciascuno possa realizzarsi nella libera creazione di valori in comune. Una economia dello scambio disinteressato dei doni mi sembra in grado di integrare l’autonomia e l’interesse personale nella vita morale e teologale del Regno.
La modernità e il cristianesimo si riavvicinano così l’un l’altro e si fecondano reciprocamente in un dialogo che è evangelizzazione della cultura e inculturazione della fede (Paolo VI). La globalizzazione economica lo richiede e, in un certo senso, anche il Vangelo.

4.    Alienazione o gratuità.
L’attività economica ha come scopo la creazione di valore al servizio della moltitudine: sia che tratti di valore individuale (sviluppo delle attitudini al lavoro), commerciale (scambio di beni), scientifico e tecnologico (sapere e potere), ambientale (governo e cura delle risorse), sociale (condizioni di vita), culturale (produzioni intellettuali) o spirituale (fraternità e prosperità). La produzione e la condivisione di questi valori è lo scopo e la condizione della sostenibilità (sustainability) dell’attività economica.
Delle due, una: o l’economia e il “business” sono organizzati e guidati per permettere la realizzazione della moltitudine, nella creazione condivisa di valore, assumendo la ricerca dell’interesse personale nello scambio dei doni disinteressato, in nome della universalitàs della misericordia, oppure la creazione di valore non permetterà che la realizzazione di alcuni, essendo costruita sulla ricerca dell’interesse dei potenti e sull’alienazione della moltitudine.
La globalizzazione pone questo dilemma, o piuttosto questa scelta di società in modo concreto, come rivelano, a titolo di esempio, l’ingiustizia economica in Cina, la crisi dei rifugiati in Europa o la responsabilità delle nazioni del mondo per la Terra.
Diciamo ancora piú chiaramente: o ci si rifà all’idea che la creazione di valore attraverso l’economia (il “valore aggiunto”) venga dall’alienazione degli uni prodotta da altri, oppure si comprende che la gratuità e lo scambio reciproco di doni permettono che la moltitudine partecipi alla creazione di valore.
Marx ha identificato nell’alienazione dei lavoratori il prodotto dell’organizzazione moderna dell’economia. Questa idea non è “una vecchia luna spenta” (un sogno ormai svanito), essa svela la contraddizione e il volto oscuro della ricerca dell’interesse individuale come valore moderno. L’economia moderna globalizzata ha come motore l’alienazione? No, se essa assume la ricerca della realizzazione personale nella partecipazione al bene comune, ricorrendo allo scambio di doni disinteressato.
Un’economia dello scambio dei doni disinteressato può trasfigurare il rischio più grande della globalizzazione, attraverso la luce che viene dal più profondo del cuore umano: la misericordia vicendevole. La produzione di valore, nel quadro di una economia dell’interesse, come è l’economia della modernità e della globalizzazione, può superare il rischio della alienazione della maggioranza da parte dei potenti, a livello delle nazioni come a livello degli individui, se essa sceglie come energia intima e come orientamento ultimo della creazione di valore la chiamata alla misericoridia universale.


 

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