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7 Settembre 2015 09:30 | Tirana International Hotel

Intervento di Dionysius Jean Kawak



Dionysius Jean Kawak


Arcivescovo ortodosso, Chiesa sira

Vorrei innanzitutto ringraziare la Comunità di Sant’Egidio per avermi invitato a parlare in questa, molto importante, conferenza di pace che si tiene qui a Tirana in collaborazione con l’Arcidiocesi ortodossa e la Conferenza Episcopale cattolica.

Essendo una persona proveniente dalla Siria, per me sarebbe difficile credere al titolo del mio intervento, ma in quanto persona che crede nel Dio della pace, mi trovo costretto a crederci.

Cercherò allora di intervenire cominciando con le parole del Papa, fermandomi in seguito sul concetto della pace nella cristianità, citando infine le parole di un caro amico, cioè il professor Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio.

È importante per me cominciare con le parole di Papa Fracesco che ha detto: «La pace è sempre possibile, sempre possibile, e dobbiamo cercarla». Lo ha detto parlando durante l'Angelus davanti a circa 50mila persone in piazza San Pietro nella Giornata Mondiale della Pace, aggiungendo che «la preghiera è alla radice della pace, fa germogliare la pace».

Ma cosa è la pace? È solo l’assenza di guerra?

La pace non è solo assenza di guerra ma il frutto maturo della giustizia e del pieno rispetto dei diritti umani di tutti. Il frutto possibile dell’impegno costante di tutti e di ciascuno, governi, istituzioni e cittadini.

Per giungere alla pace è dunque necessario educare alla pace: perché ogni bambino, ogni bambina, ogni ragazza, ogni ragazzo possano essere costruttori di pace, artigiani della pace. Educare alla pace è responsabilità di tutti ma la scuola ha una responsabilità speciale.

“Fare la pace è dunque un lavoro artigianale: richiede passione, pazienza, esperienza, tenacia.” Papa Francesco non perde occasione per ripeterlo: “La pace non è un prodotto industriale ma artigianale.” Non si realizza in modo meccanico, necessita dell’intervento sapiente dell’uomo. Non si può fare in serie, richiede l’apporto insostituibile di tante persone. Non si perfeziona con lo sviluppo tecnologico o informatico ma con lo sviluppo umano. Papa Francesco ci invita a pensare alla pace in un modo completamente nuovo e ad abbandonare la vecchia, anacronistica idea che assegnava il compito di “fare la pace” ai capi di Stato, alle diplomazie e agli eserciti. La pace è una responsabilità di tutti, senza distinzioni.

E come si fa allora a costruire la pace?

Innanzitutto bisogna “desiderare la pace”. Può sembrare banale, ma non lo è perché abbiamo persino smesso di desiderare o desideriamo di tutto e ci dimentichiamo delle cose che contano di più. Nessuno riesce a desiderare le cose in cui non crede e noi abbiamo smesso di credere che la pace sia possibile. Il desiderio della pace è un grande motore di unità, di quell’unità che è indispensabile per costruire la pace. La pace si costruisce assieme non solo perché è più bello ed efficace ma perché non c’è altro modo per comprendere ed affrontare la complessità del nostro mondo.

La beatitudine evangelica non dice “Beati i predicatori di pace”. “Tutti sono capaci di proclamarla, anche in maniera ipocrita o addirittura menzognera. No, dice: “Beati gli operatori di pace”, cioè coloro che la fanno. E chi parla soltanto di pace e non fa la pace è in contraddizione; e chi parla di pace e favorisce la guerra -per esempio con la vendita delle armi- è un ipocrita. La pace è un lavoro, non è uno stare tranquilli. Fare la pace è un lavoro da portare avanti tutti i giorni, passo dopo passo, senza mai stancarsi.”

L'insegnamento di Cristo e il Nuovo Testamento

Gesù Cristo resuscitato si presenta agli apostoli la sera dello stesso giorno di Pasqua e dice loro: "La pace sia con voi" (Gv 20:21). Questa pace è la piena comunione con Dio, frutto del sacrificio redentore di Gesù. Gesù predica l'avvento del Regno di Dio: il Padre offre agli uomini la salvezza promessa dai profeti; è necessario prendere una decisione e aderire alla sua persona e coinvolgersi nell'annuncio della buona notizia.

In questo contesto, per Gesù, il valore della fedeltà e della testimonianza alla sua persona è più importante che il valore della pace.

Sebbene viva in un momento di dominazione straniera, Gesù non si schiera né con i patrioti né con i collaborazionisti. Piuttosto invita tutti ad essere fedeli a Dio. Sembra che riguardo alla pace voglia dire: non importa la situazione esterna, quanto la fedeltà a Dio che chiama.

Per questo, usando una forma di esprimersi per contrapposizioni comune nel suo tempo, Gesù afferma che non è venuto a portare la pace, ma la guerra, e che i primi nemici dell’uomo saranno i suoi stessi familiari. Con questo intende dire che non si può sacrificare la fedeltà alla Parola e alla chiamata di Dio per non entrare in conflitto con la propria famiglia.

Secondo la fede cristiana, la pace è il dono offerto agli uomini dal Signore risorto ed è il frutto della vita nuova inaugurata dalla sua resurrezione. La pace, pertanto, si identifica come "novità" immessa nella storia dalla Pasqua di Cristo. Essa nasce da un profondo rinnovamento del cuore dell'uomo.

È un dono da accogliere con generosità, da custodire con cura, e da far fruttificare con maturità e responsabilità. Per quanto travagliate siano le situazioni e forti le tensioni e i conflitti, nulla può resistere all'efficace rinnovamento portato dal Cristo risorto.

Cristo è la pace di tutti gli uomini. Con la morte in croce, Cristo ha riconciliato l'umanità con Dio e ha posto le basi nel mondo per una fraterna convivenza fra tutti.

I credenti sperimentano la potenza rinnovatrice del suo perdono. La misericordia divina apre il cuore al perdono verso i fratelli, ed è con il perdono offerto e ricevuto che si costruisce la pace nelle famiglie e in ogni altro ambiente di vita.

Ora vorrei far mio il messaggio di pace scritto da Andrea Riccardi con il titolo: IL MIRACOLO DELLA PACE È SEMPRE POSSIBILE, egli dice:

“Il nuovo anno si apre con la Giornata mondiale per la pace. C`è il rischio di rassegnarci alla guerra, accettando che sia la triste compagna dei nostri giorni. Me ne accorgo quando si parla della Siria, ostaggio di una guerra terribile. Quale pace è possibile? Il tempo che passa vuol dire altre morti e distruzioni. Non si tratta di una vicenda isolata. L`Africa soffre parecchi conflitti. In Mozambico la pace, faticosamente conquistata nel 1992, si è fatta incerta. Nel Sud Sudan (due milioni di morti) due etnie si combattono: una follia. Il Centrafrica è a rischio di genocidio. Qui i cristiani sono perseguitati. Il mondo sembra abituato a questo spettacolo di continuo scialo delle vite umane. I cristiani non possono esserlo.

L`anno inizia con il messaggio di papa Francesco, rompendo la «globalizzazione dell`indifferenza». Si tratta di far crescere una cultura della fraternità tra i popoli: la globalizzazione, scrive il Papa, «rende più palpabile la consapevolezza dell`unità e della condivisione di un comune destino tra le nazioni». Manca però una cultura del destino comune tra i singoli, nella politica nazionale e internazionale. Il mondo sembra nelle mani invisibili dell`economia. La politica è intimidita. I conflitti diventano brutti incidenti in un cammino scontato. Che altro è possibile fare? Molti si sentono impotenti e irrilevanti. È invece necessario scoprire la forza della fraternità: siamo tutti profondamente legati. Belle parole? Siamo stanchi di un mondo senza parole di fronte ai drammi e alle guerre. Francesco ha scritto a chi fa la guerra e semina la violenza: «Riscoprite in colui che oggi considerate solo un nemico da abbattere il vostro fratello e fermate la vostra mano! Rinunciate alla via delle armi e andate incontro all`altro con il dialogo...».

I cristiani sono troppo timidi di fronte alla guerra. Bisogna pregare con fede e insistenza per la pace: l`invocazione a Dio ferma i violenti. Ma si deve avere anche il coraggio di iniziative di pace, essere capaci di parlare con chi fa la guerra, di condurli verso la scelta del dialogo.

La guerra è un demone che ingabbia la vita e le menti di uomini e organizzazioni. Tuttavia il miracolo della pace è possibile. Non bisogna perdere la speranza e rassegnarsi all`altrui sofferenza. Iniziare l`anno con una Giornata per la pace vuol dire che non ci siamo rassegnati alla guerra. Chi soffre la violenza sappia che non è dimenticato. La pace, infatti, è sempre possibile.”

In conclusione vorrei prospettare alcune soluzioni concrete di cui il mio Paese, la Sira, ha un urgente bisogno. Per far si che la pace sia possible in Siria è importante arrivare a:

1. Un accordo internazionale,
2. Fermare il finanziamento diretto e indiretto dei gruppi radicali,
3. Controllare i confini con gli altri paesi per evitare l’afflusso di armi e di combattenti,
4. Fermare la violenza e cominciare un dialogo per il futuro migliore della Siria.

Permettetemi adesso, di concludere il mio intervento chiedendo a tutti voi di pregare per la mia patria, la Siria, affinché la pace sia veramente possible.

Grazie per l’ascolto.
 

#peaceispossible
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