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"LIBERARE I PRIGIONIERI IN AFRICA" Una campagna di solidarietà con i detenuti africani nelle carceri italiane


 
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"LIBERARE I  PRIGIONIERI IN AFRICA"
Solidarietà ai detenuti africani
dalle carceri italiane

Il progetto “Liberare i prigionieri in Africa”, coinvolgerà i detenuti di 200 istituti di pena italiani, chiedendo loro di venire incontro alle necessità di quelli che si trovano nelle carceri africane. 
Perchè nessuno è così povero da non poter aiutare un altro povero. E la dignità di una persona dipende anche dalla possibilità di aiutare gli altri.

Basta poco: un piccolo aiuto può cambiare la vita di una persona.

Così i detenuti che vorranno aderire alla proposta della Comunità di Sant'Egidio, potranno, con piccole offerte, aiutare quelli che si trovano nelle carceri africane, per alleviarne le terribili condizioni di detenzione. Lo faranno acquistando loro una stuoia dove dormire o 5 pezzi di sapone per lavarsi (basta 1 euro). Con 3 euro potranno inviare i medicinali di prima necessità per un detenuto malato, con 6 euro il cibo aggiuntivo per un mese.

E con piccoli contributi potranno partecipare alla liberazione di alcuni prigionieri più poveri con l'estinzione di quelle spese necessarie per lo svolgimento del processo o con il pagamento della tassa prevista in molti paesi che, se non pagata, costringe a rimanere in carcere un tempo indefinitamente lungo.

Questa la lettera inviata dalla Comunità ai detenuti:

La vita in molte carceri africane è particolarmente dura: nelle celle non c’è aria, non c’è luce elettrica, spesso non c’è acqua. Il sapone è un genere di lusso che arriva solo due o tre volte l’anno. Non ci sono letti, nel migliore dei casi solo qualche stuoia: si dorme per terra, nel fango, a volte non c’è spazio neanche per permettere a tutti di sdraiarsi contemporaneamente. Le condizioni igieniche sono pessime. I medici non ci sono, le epidemie si diffondono facilmente e molti muoiono così, senza cure. Il cibo, già scarso in molti paesi africani a causa della povertà, in carcere talvolta è assente e alcuni muoiono di stenti. Gran parte dei detenuti resta in attesa di giudizio per lungo tempo perché non è in grado di pagare l’avvocato che permetterà l’inizio del processo. Come è successo a J.G., un camionista nigeriano accusato di contrabbando. In carcere, a Conakry, non trovava nessuno che parlasse la sua lingua. Da un anno e mezzo attendeva un processo che non sarebbe mai stato celebrato, perché nessuno lo aveva richiesto. La Comunità di Sant'Egidio ha trovato un interprete e ha pagato un avvocato (circa 50 euro) per avviare il processo. La sentenza lo ha condannato a un anno di prigione, che J.G. aveva già scontato.

Molti detenuti non hanno vestiti per coprirsi e rimangono con gli stessi indumenti anche per mesi. Le condizioni sono spesso disumane: nel carcere di Faranah in Guinea Conakry non c’è approvvigionamento idrico e l’acqua viene portata dalle autobotti. Nel carcere di Tcholliré nel nord del Camerun non ci sono i letti e la Comunità ha donato 1100 materassi. In alcune carceri mancano i cortili all’aria aperta. In altre sono state ristrutturate le latrine e, grazie alla raccolta fondi di Sant’Egidio, è stato rifatto l’impianto idrico.

MA TANTO C'È ANCORA DA FARE!

 

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