Il Covid ha colpito i più poveri e ha creato nuove situazioni di bisogno: due storie su Repubblica ed. Roma

Paola la precaria e la figlia Miriam "Noi, sfamate da Sant'Egidio"

«Mamma, mi devo sedere all'ombra, non ce la faccio più». Miriam, 7 anni, si appoggia al braccio della madre Paola. Fino a poco fa il carrello rosso della spesa che la bambina si trascinava dietro era un gioco che la faceva sentire grande. Ma dopo un quarto d'ora in fila sotto il sole è diventato un peso insostenibile. Fa caldo e Miriam ha fame. Sono le 4 del pomeriggio, il centro distribuzione beni di prima necessità della Comunità di Sant'Egidio in piazza dei Consoli al Tuscolano, ha alzato le saracinesche. Decine di persone aspettano in fila di ricevere cibo e prodotti per l'igiene: colf e manovali, commesse e camerieri, estetiste e parrucchieri, ambulanti. Quelli disoccupati causa Covid e quelli a cui il virus ha strappato anche la possibilità dell'espediente, in nero, per campare. Prima precari, adesso poveri. «Oggi abbiamo mangiato un supplì a testa, li ho fatti io — spiega Paola, che non rivela il cognome — . Ci ho messo dentro un pezzetto di pollo, avevo solo quello. Non ho mai chiesto niente a nessuno, ma adesso se non fosse per gli aiuti non avrei da mangiare», dice mentre gli occhi verdi si velano di lacrime. «Ho sempre lavorato nelle pizzerie — spiegala donna, separata e con 2 figli a carico — ma solo una volta sono stata messa in regola». Per chi, come lei, ha passato una vita in nero, il coronavirus è stato il colpo di grazia. Non solo con l'emergenza ha perso il lavoro in rosticceria. «Per arrotondare facevo le pulizie pagata a ore, adesso nemmeno quello. Una signora, durante la quarantena, mi ha chiesto di tornare da lei, ma come faccio? Scrivo sull'autocertificazione ragioni lavorative in nero?». Poi arriva la chiamata. «Mamma, è il numero 63, siamo noi!», esclama Miriam. Il servizio è rapidissimo. In pochi minuti il carrello si riempie con olio, pasta, riso, passata di pomodoro, biscotti, latte, detersivo. Ma il tesoro più grande lo stringe la bambina tra le mani: una scatola con colomba, coniglio e uovo di cioccolato. «È bellissimo — dice la bambina — non ci credo, finalmente ho avuto anch'io il mio uovo di Pasqua».


I due filippini in cerca di aiuti "Senza lavoro e la cig non arriva"

In fila per i pacchi alimentari al centro Sant'Egidio al Tuscolano si sentono lingue diverse, tutte parlate dietro a mascherine lise, sporcate dalle troppe giornate di utilizzo di chi non può potersene permettere di nuove. Non a caso una volontaria ne distribuisce di nuove alle persone in attesa. Ma gli abiti sono distinti e le scarpe pulite. Il popolo di nuovi poveri non vuole apparire disperato, anche se lo è. Emmanel e Grace (i nomi sono di fantasia), giovane coppia filippina, si avvicinano con aria disorientata al tavolo dei nuovi iscritti. Si vergognano, è la prima volta per loro. «Gli operatori cercano di metterci a nostro agio, ma è dura. Non dovrei essere qui», sottolinea lui con un fil di voce. Non è solo una questione di orgoglio. Emmanuel, 29 anni, prima dell'emergenza aveva un lavoro, in un noto locale al centro di Roma. «Faccio il sushiman, ho un contratto da 1.000 euro al mese spiega sono stato messo in cassa integrazione. Ma i soldi non sono ancora arrivati». Non è colpa del datore di lavoro, precisa l'uomo: «Si tratta di una grande azienda con tanti dipendenti e siamo sempre stati trattati bene, è lo Stato ad essere in ritardo». Con un affitto di 400 euro da pagare una sola camera, dove la coppia vive insieme alle due figlie di 4 e 1 anno e la perdita del lavoro anche per Grace, che faceva la colf, i due hanno esaurito tutti i risparmi che avevano faticosamente messo da parte per prendere finalmente un appartamento più grande. «E non sono nemmeno ancora arrivati i buoni spesa», sospira lei. In due settimane di attività del centro distribuzione Tuscolano le richieste di pacchi alimentari sono quasi triplicate: da 50 il 25 aprile a140 in programma per il prossimo sabato. Nell'ultimo mese, la sola Comunità di Sant'Egidio ha consegnato 10 mila pacchi spesa, il doppio rispetto a marzo. E ha aperto 10 nuovi centri di distribuzione nelle periferie romane. «Le scorte bastano a malapena, ma non possiamo rimandare indietro nessuno a mani vuote spiega Giorgio Bevilaqua, operatore della Comunità mai prima d'ora in questo quartiere avevamo ricevuto tante richieste d'aiuto».