Meditazione del cardinale Juan José Omella, arcivescovo di Barcellona, sul Vangelo di Marco (Mc 1,40-45) - Gesù e i lebbrosi

Marco 1,40-45

40Venne da lui un lebbroso, che lo supplicava in ginocchio e gli diceva: "Se vuoi, puoi purificarmi!". 41Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: "Lo voglio, sii purificato!". 42E subito la lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato. 43E, ammonendolo severamente, lo cacciò via subito 44e gli disse: "Guarda di non dire niente a nessuno; va', invece, a mostrarti al sacerdote e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha prescritto, come testimonianza per loro". 45Ma quello si allontanò e si mise a proclamare e a divulgare il fatto, tanto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma rimaneva fuori, in luoghi deserti; e venivano a lui da ogni parte

Meditazione del cardinale Juan José Omella, arcivescovo di Barcellona

Siamo ancora nel tempo del messaggio, e non possiamo dimenticarlo, del messaggio del battesimo di Gesù di domenica scorsa, quando Gesù ascoltò le parole del Padre: Tu sei il mio figlio diletto. Quelle parole non possiamo dimenticarle perché sono rivolte anche a noi che siamo stati battezzati. Ed è buono che questa sera, e spesso, noi ci sentiamo amati dal Signore. Io sono amato.
Il catechismo e anche la nostra fede ci dice che nel battesimo noi veniamo purificati dai nostri peccati, ma il Vangelo di oggi parla di un lebbroso che è guarito da Gesù. Il Vangelo non è un libro di storia, ma parla nel presente e quella parola è rivolta oggi a noi: io sono un lebbroso. E che lebbra abbiamo? Il nostro peccato, le nostre mancanze: quella è la nostra lebbra.
Allora due idee: questa sera nel silenzio del cuore io mi rivolgo al Signore e gli dico: Signore, guariscimi dalla mia lebbra, guariscimi dal mio peccato. Questo è buono farlo. Il Signore ci ama ed è buono chiedere: Signore, curami dal mio peccato, curami dal mio egoismo, guariscimi.
E la seconda idea è questa: come mi posso avvicinare io ai lebbrosi che incontro? Gesù non ha paura di avvicinarsi al lebbroso e di guarirlo.
E qui ringrazio sempre la Comunità di Sant’Egidio e tutti quanti coloro che mi invitano, anche a Barcellona, a partecipare al pranzo di Natale con i lebbrosi, tra virgolette, del nostro tempo. E quello che mi colpisce è che quei poveri, quei migranti, quelle persone che vivono per strada, per la Comunità di Sant’Egidio hanno un volto concreto, un nome e un cognome e li trattano con affetto, perché conoscono il loro nome, sanno da dove vengono, li sentono come dei fratelli.
Quindi la preghiera di questa sera non è solo Signore, guariscimi dal mio peccato, ma anche Insegnami ad avvicinarmi a quei poveri, a dare loro un nome e un cognome e a curare le loro ferite.
E allora nel silenzio del nostro cuore riconosciamoci figli del Signore e riconosciamo che anche loro sono figli del Signore.


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