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Memoria particolare delle comunità cristiane in Europa e nelle Americhe.
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Libretto DEL GIORNO
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giovedì 24 gennaio

Memoria particolare delle comunità cristiane in Europa e nelle Americhe.


Lettura della Parola di Dio

Alleluia, alleluia, alleluia !

Io sono il buon pastore,
le mie pecore ascoltano la mia voce
e diventeranno
un solo gregge e un solo ovile.

Alleluia, alleluia, alleluia !

Dalla lettera di Paolo ai Romani 9,1-33

Dico la verità in Cristo, non mentisco, e la mia coscienza me ne dà testimonianza nello Spirito Santo: ho nel cuore un grande dolore e una sofferenza continua. Vorrei infatti essere io stesso anàtema, separato da Cristo a vantaggio dei miei fratelli, miei consanguinei secondo la carne. Essi sono Israeliti e possiedono l'adozione a figli, la gloria, le alleanze, la legislazione, il culto, le promesse, i patriarchi; da essi proviene Cristo secondo la carne, egli che è sopra ogni cosa, Dio benedetto nei secoli. Amen.

Tuttavia la parola di Dio non è venuta meno. Infatti non tutti i discendenti di Israele sono Israele, né per il fatto di essere discendenza di Abramo sono tutti suoi figli. No, ma: in Isacco ti sarà data una discendenza, cioè: non sono considerati figli di Dio i figli della carne, ma come discendenza sono considerati solo i figli della promessa. Queste infatti sono le parole della promessa: Io verrò in questo tempo e Sara avrà un figlio. E non è tutto; c'è anche Rebecca che ebbe figli da un solo uomo, Isacco nostro padre: quando essi ancora non eran nati e nulla avevano fatto di bene o di male - perché rimanesse fermo il disegno divino fondato sull'elezione non in base alle opere, ma alla volontà di colui che chiama - le fu dichiarato: Il maggiore sarà sottomesso al minore, come sta scritto:

Ho amato Giacobbe
e ho odiato Esaù.

Che diremo dunque? C'è forse ingiustizia da parte di Dio? No certamente! Egli infatti dice a Mosè:

Userò misericordia con chi vorrò,
e avrò pietà di chi vorrò averla.

Quindi non dipende dalla volontà né dagli sforzi dell'uomo, ma da Dio che usa misericordia. Dice infatti la Scrittura al faraone: Ti ho fatto sorgere per manifestare in te la mia potenza e perché il mio nome sia proclamato in tutta la terra. Dio quindi usa misericordia con chi vuole e indurisce chi vuole

Mi potrai però dire: "Ma allora perché ancora rimprovera? Chi può infatti resistere al suo volere?". O uomo, tu chi sei per disputare con Dio? Oserà forse dire il vaso plasmato a colui che lo plasmò: "Perché mi hai fatto così?". Forse il vasaio non è padrone dell'argilla, per fare con la medesima pasta un vaso per uso nobile e uno per uso volgare? Se pertanto Dio, volendo manifestare la sua ira e far conoscere la sua potenza, ha sopportato con grande pazienza vasi di collera, gia pronti per la perdizione, e questo per far conoscere la ricchezza della sua gloria verso vasi di misericordia, da lui predisposti alla gloria, cioè verso di noi, che egli ha chiamati non solo tra i Giudei ma anche tra i pagani, che potremmo dire?

Esattamente come dice Osea:

Chiamerò mio popolo quello che non era mio popolo
e mia diletta quella che non era la diletta.
E avverrà che nel luogo stesso dove fu detto
loro:
"Voi non siete mio popolo",
là saranno chiamati figli del Dio vivente.

E quanto a Israele, Isaia esclama:

Se anche il numero dei figli d'Israele
fosse come la sabbia del mare,
sarà salvato solo il resto;
perché con pienezza e rapidità
il Signore compirà la sua parola sopra la terra.

E ancora secondo ciò che predisse Isaia:

Se il Signore degli eserciti
non ci avesse lasciato una discendenza,
saremmo divenuti come Sòdoma
e resi simili a Gomorra.

Che diremo dunque? Che i pagani, che non ricercavano la giustizia, hanno raggiunto la giustizia: la giustizia però che deriva dalla fede; mentre Israele, che ricercava una legge che gli desse la giustizia, non è giunto alla pratica della legge. E perché mai? Perché non la ricercava dalla fede, ma come se derivasse dalle opere. Hanno urtato così contro la pietra d'inciampo, come sta scritto:

Ecco che io pongo in Sion una pietra di scandalo
e un sasso d'inciampo;
ma chi crede in lui non sarà deluso.

 

Alleluia, alleluia, alleluia !

Vi do un comandamento nuovo:
che vi amiate l'un l'altro.

Alleluia, alleluia, alleluia !

L’apostolo, dopo aver parlato della giustizia di Dio che salva, il quale fa giusto colui che crede e lo rende capace di vivere secondo lo Spirito, volge ora la sua attenzione al popolo d’Israele e al mistero della sua storia. Egli si sente profondamente legato alla vicenda del popolo che Dio si è scelto fin da Abramo. E si chiede con profonda angoscia che ne è di questo popolo se la salvezza dipende dalla redenzione di Gesù e non più dalla legge. È ovvia l’amarezza che l’apostolo sente perché i suoi antichi fratelli nella carne non arrivano a godere della nuova alleanza stabilita da Gesù: “Ho nel cuore un grande dolore e una sofferenza continua. Vorrei infatti essere io stesso anatema, separato da Cristo a vantaggio dei miei fratelli, miei consanguinei secondo la carne. Essi sono israeliti e possiedono l’adozione a figli, la gloria, le alleanze, la legislazione, il culto, le promesse, i patriarchi”. Anzi – aggiunge Paolo – “da essi proviene Cristo secondo la carne, egli che è al di sopra ogni cosa, Dio benedetto nei secoli”. Il popolo della prima alleanza si è lasciato sorprendere – afferma – dalla presunzione di possedere il favore di Dio per mezzo della legge. E questa convinzione li ha condotti ad inciampare, appunto, nella “pietra d’inciampo”, ossia a non riconoscere Gesù come Figlio di Dio e Messia del suo popolo. Tuttavia – e qui l’apostolo tocca il mistero della fedeltà di Dio – “la parola di Dio non è venuta meno”. Il problema che si pone l’apostolo riguarda chi sia il vero Israele. E afferma che non tutti i discendenti di Israele possono essere considerati tali. Per essere amici di Dio e eredi della promessa non basta la discendenza della carne e del sangue, ma è necessaria l’adesione del cuore al Vangelo di Cristo. Solo la fede, ossia l’adesione libera e totale del nostro cuore a Dio che ci salva attraverso Gesù, ci libera dalla schiavitù della carne, per renderci partecipi della salvezza. Ecco perché anche i discepoli di Gesù debbono guardarsi da un’appartenenza esteriore, individualistica e rituale, alla comunità dei credenti. Solo la fede segnata dall’amore salva.

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