PAROLA DI DIO OGNI GIORNO

Memoria della Chiesa
Parola di Dio ogni giorno

Memoria della Chiesa

Memoria di san Romualdo (950-1027), anacoreta e padre dei monaci camaldolesi.
Leggi di più

Libretto DEL GIORNO
Memoria della Chiesa
giovedì 19 giugno

Memoria di san Romualdo (950-1027), anacoreta e padre dei monaci camaldolesi.


Lettura della Parola di Dio

Alleluia, alleluia, alleluia !

Io sono il buon pastore,
le mie pecore ascoltano la mia voce
e diventeranno
un solo gregge e un solo ovile.

Alleluia, alleluia, alleluia !

Dal vangelo di Matteo 6,7-15

Pregando, non sprecate parole come i pagani: essi credono di venire ascoltati a forza di parole. Non siate dunque come loro, perché il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno prima ancora che gliele chiediate.
Voi dunque pregate così:

Padre nostro che sei nei cieli,
sia santificato il tuo nome,
venga il tuo regno,
sia fatta la tua volontà,
come in cielo così in terra.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano,
e rimetti a noi i nostri debiti
come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori,
e non abbandonarci alla tentazione,
ma liberaci dal male.

Se voi infatti perdonerete agli altri le loro colpe, il Padre vostro che è nei cieli perdonerà anche a voi; ma se voi non perdonerete agli altri, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe.

 

Alleluia, alleluia, alleluia !

Vi do un comandamento nuovo:
che vi amiate l'un l'altro.

Alleluia, alleluia, alleluia !

Il “Padre Nostro” occupa il centro del discorso della montagna, quasi a darci “la sintesi di tutto il Vangelo” (Tertulliano). Gesù esorta i discepoli a non sprecare le parole nella preghiera, pensando di convincere Dio sbrodolandoci addosso. La verbosità è per noi, non per il Signore: “il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno prima ancora che gliele chiediate”, assicura Gesù. L’essenza della preghiera sta nel porre in Dio la nostra totale fiducia, certi che non ci abbandonerà e che ci darà ciò di cui abbiamo bisogno. E Gesù insegna quella straordinaria preghiera che è il “Padre Nostro”. Potremmo dire che l’intera preghiera è come riassunta nella prima parola, “Padre”, “Abbà” (papà). Gesù, mettendoci sulle labbra questo termine, compie una vera e propria rivoluzione religiosa. Basti pensare che la tradizione ebraica proibisce di nominare il nome santo di Dio. Gesù, invece, facendoci chiamare Dio con l’appellativo di “abbà” ci offre una dimensione impensabile sino ad allora, quella della figliolanza, quella della partecipazione intima alla famiglia di Dio. Non solo ce la presenta, ci coinvolge nella sua stessa intimità con il Padre. Non “abbassa” Dio a noi; piuttosto innalza noi sino al Padre “che sta nei cieli”. Dio resta il “totalmente altro” da noi, ma è un Padre che ci ha amato al punto da mandare a noi il suo stesso Figlio. Si tratta di un amore assolutamente sconfinato. Impossibile anche solo ad essere concepito dalla nostra mente, se lui stesso non ce lo avesse rivelato. Con questa preghiera ne veniamo addirittura coinvolti. È giusto perciò fare la sua volontà e chiedere che venga presto il suo Regno, ossia il tempo definitivo nel quale sarà finalmente riconosciuta la santità di Dio e il suo amore regnerà tra gli uomini e nell’intera creazione. La seconda parte della preghiera riguarda la vita quotidiana. Gesù esorta a chiedere il pane, quello di ogni giorno, per farci toccare con mano la concretezza dell’amore di Dio. Ed è assieme sia il pane materiale che quello della sua Parola. Due pani, due mense, indispensabili. E ambedue debbono essere imbandite, anzi moltiplicate per tutti. E poi pone sulle nostre labbra una richiesta grave: “Rimetti a noi i nostri debiti, come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori”. Appare duro e irrealistico ammettere che il perdono umano sia modello (“così come noi ... “) di quello divino, ma nei versetti seguenti questa petizione trova una spiegazione: “Se voi infatti perdonerete agli altri le loro colpe, il Padre vostro che è nei cieli perdonerà anche a voi; ma se voi non perdonerete agli altri, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe “. Questo linguaggio è incomprensibile per una società, come la nostra, nella quale il perdono è davvero raro e sembra prevalere lo spirito della vendetta. Ma forse proprio per questo abbiamo ancor più bisogno di imparare a pregare con il “Padre Nostro” per farlo scendere sempre più nei nostri cuori.