Alla festa del 50mo di Sant'Egidio a Livorno l'omelia di mons. Vincenzo Paglia

Mt 16, 15-20

"La memoria del 50 anniversario della Comunità di Sant'Egidio non è solo celebrare una storia straordinaria, è ricordare un dono di Dio, per uscire e andare sino ai confini del mondo, scendendo  negli inferni in cui la gente vive per aiutare l'ascensione di tutti verso il Signore. Un dono che è una carezza e insieme una spinta a rinascere, nella preghiera, nell'amore per i poveri e nell'amicizia con tutti, nell'impegno per la pace." Così mons. Vincenzo Paglia nell'omelia durante la celebrazione del 50mo anniversario della Comunità di Sant'Egidio a Livorno.

Riportiamo le sue parole integralmente:

Mc. 16,15-20
Predicazione di mons. Vincenzo Paglia

Care sorelle e cari fratelli, cari amici della Comunità di Sant'Egidio

in questo giorno di festa, anche perchè liturgicamente oggi è la festa dell'Ascensione di Gesù al cielo, noi ci raccogliamo per questa memoria tanto cara: 50 anni di vita della Comunità di Sant'Egidio.
50 anni non sono moltissimi ma sono anche un bel numero di anni. A me conviene dirlo: abbiamo tutti 50 anni! mi dispiace per i più giovani … ma per tutti è una crescita in sapienza! 50 anni non sono pochi.

La Parola di Dio illumina bene questa storia, perchè nel Vangelo che abbiamo ascoltato accade che per la prima volta i discepoli non vedono Gesù. Gesù sale al cielo. Per la prima volta non lo vedono. Dopo la Pasqua per quaranta giorni lo avevano visto, avevano parlato e mangiato con lui, ma quella era la prima volta che erano “soli”. E dovevano iniziare una nuova vita. Potremmo dire che la prima comunità cristiana doveva iniziare a compiere i suoi primi passi. E non sono rimasti tra loro.
Scrive l'evangelista che “partirono e predicarono dappertutto”. I primi passi non sono verso se stessi,  i primi passi non sono per contemplare la propria condizione migliore o peggiore, i primi passi sono per andare, per discendere potremmo dire, per guarire i malati, per predicare il Vangelo.

La storia della Comunità di Sant'Egidio si colloca nella stessa identica prospettiva, 50 anni fa.
Un piccolo gruppetto, forse erano meno di undici, con Andrea Riccardi, partirono, non rimasero dentro una scuola o dentro i loro recinti abituali magari per piangersi addosso o per fare festa tra loro o per contemplare quanto si volevano bene; la Chiesa, la comunità dei discepoli è sempre in partenza. Dico questo a Livorno: cosa sarebbe un porto se non si parte e non si torna … nulla! non è che Gesù parli al vuoto.
Così è iniziata la Comunità di Sant'Egidio: partire e andare. Andare dove? Scendere là dove ci sono donne, uomini, piccoli e anziani, bisognosi di aiuto e di affetto, bisognosi di ascensione, di ascendere, di non restare nella tristezza della solitudine o nell'avarizia dei rasseganti.
La comunità cristiana, in questo caso di Sant'Egidio, partì.
Il primo grande viaggio fu di pochi decine di metri. Perchè partire significava lasciare il mondo della Roma ricca e bene per andare dall'altra parte del Tevere, dove c'erano i poveri e i deboli. Questa fu la prima grande traversata: uscire da se stessi per andare incontro a chi ha bisogno; perchè? perchè questo è quello che è scritto nel Vangelo: “andate dappertutto – dice Gesù – e scacciate i demòni”. Quanti demòni anche oggi, quanti spiriti cattivi distruggono la vita di tanti.
“Parlate lingue nuove”. Oggi ciascuno cerca di parlare la propria lingua, si rinchiude, preferisce parlare il dialetto del proprio benessere, costruisce muri, distrugge ponti, alza barriere.
“Prenderete in mano i serpenti”. Non dobbiamo lasciare i serpenti del male divorare anziani e bambini. Pensate le guerre, i conflitti, quanti morti, quanti abbandonati, quanta gente espulsa o costretta ad andare via dalle loro case.
“E se berrete qualche veleno non vi recherà danno”. Dobbiamo sporcarci le mani, dobbiamo osare mettere le mani dove c'è il dramma della solitudine e della tristezza. Non ci recherà alcun danno.

Ecco perchè oggi celebrare e ricordare questi 50 anni della Comunità non è per gloriarci di una bella storia e potremmo anche farlo perchè vi assicuro è veramente straordinaria, molto bella. Piuttosto questa nostra celebrazione ci spinge a riprendere il cammino, a fare di più.
Quando papa Francesco è venuto a Roma a celebrare con noi il cinquantesimo, poi ci ha detto: “voi siete la comunità delle 3 P, preghiera, poveri e pace”.
Anche qui, anche a Livorno. Qui c'è la preghiera e chiunque di voi vuole respirare la Parola di Dio piò venire qui per ascoltarla. Perchè il segreto di tutto è lasciarsi spingere dalla Parola di Dio e non dai nostri sentimenti. Non lasciamoci spingere dai nostri sentimenti! Dobbiamo lasciarci spingere dal sentimento di Dio che è amore.
I poveri.  Chi vuole spendere la propria vita non solo per sé, qui, anche qui, può aiutare! Quelli della Comunità lo sanno bene: i bambini, gli anziani, i carcerati, gli emarginati, gli anziani, gli stranieri.
E poi la pace, una pace fino ai confini della terra.
Il 28 maggio voi ricorderete il bombardamneto della città! E fate bene. Voi grazie a Dio solo lo ricorderete. Ma in tante parti del mondo, il bombardamento è oggi.
Ecco perchè ricordiamo queste “3 P” oggi: per sentire l'urgenza di spenderle ancora di più.

Guardiamo il mistero dell'Ascensione di Gesù al cielo: questo mistero non vuol dire che Gesù se ne va e non sappiamo dove va a finire. No, ascendere al cielo vuol dire che Gesù non sta più a Gerusalemme o nella Palestina, ma va in tutto il cielo che circonda il mondo intero.
L'Ascensione vuol dire che i discepoli, guidati da Gesù, devono andare in tutto il mondo, fin dove c'è il cielo. Nel messaggio dell'Ascensione c'è il messaggio dell'universalità, c'è il messaggio della reponsabilità per tutti gli uomini e le donne di questo mondo, soprattutto per i più deboli.
E allora capiamo perchè c'è bisogno di più preghiera, di più amore per i poveri, c'è bisogno di più impegno per la pace.

In questa prospettiva, celebrare i 50 anni di Sant'Egidio anche qui a Livorno significa moltiplicare queste “3 P”: moltiplicare la preghiera, aprire gli occhi e il cuore per essere accanto a chiunque ha bisogno, vuol dire invocare la pace, sdegnarsi per le guerre. E tutti possiamo farlo. Perchè la comunità di Sant'Egidio, come qui, questa sera, è una casa aperta, accoglie tutti. E' uno spirito, è un desiderio, è un impegno.
Questa sera riuniti in un unico popolo, insieme a tante altre realtà della Comunità, noi davvero ringraziamo il Signore di poter vivere questa universalità; per cui noi pur restando qui possiamo essere legati al mondo intero. Pur restando a Livorno, il cuore, la mente, la preghiera, le braccia si allargano e comprendono tutti.
Abbiamo storie diverse, proveniamo da vicende diverse e tuttavia possiamo tutti vivere quel medesimo spirito di quell'andare sino ai confini del mondo, scendere negli inferni del mondo per vivere l'ascensione di tutti verso il Signore.

Celebrare l'anniversario del 50° nel giorno dell'Ascensione è un piccolo dono! siamo fortunati: è un piccolo dono di Gesù, è una carezza a Livorno e  alla comunità di Livorno, perchè ci fa comprendere che questo mistero  della discesa e dell'ascesa è ciò che rende piena la nostra vita.
E allora possiamo dire: ora capiamo! perchè siamo nati, ora capiamo perchè siamo qui, perchè dobbiamo scendere nei tanti inferni  e portare salvezza, ascensione a tutti!
Tutti possiamo farlo, i più piccoli e i più grandi. Chi può camminare e chi non può camminare. Perchè il cuore e la mente camminano, perchè il cuore può battere per tutti, la preghiera può scoperchiare questo tetto e arrivare non solo al cielo ma anche ai confini della terra. E anche il desiderio, l'impegno per la pace cominciano qui. Un sapiente ebreo diceva: se vuoi cambiare il mondo, comincia a cambiare il tuo cuore.

La celebrazione e la memoria di questi 50 anni, questa sera, cari fratelli e care sorelle, ci aiuta a rinascere, nel lavoro, nella preghiera e nell'amicizia con tutti.
Il Signore ci benedica, ci accompagni con il suo Spirito nei prossimi 50 anni e nel tempo che ci vorrà dare per ascendere con Lui e con tanti al cielo.