A Livorno la Giornata cittadina per la pace

Piazza del Municipio, ore 17.15

La Giornata cittadina per la Pace è stata istituita nel 2004 per mantenere vivo il ricordo dei bombardamenti che il 28 maggio del 1943 distrussero Livorno e sconvolsero la vita della sua gente. Questa memoria è diventata negli anni un'occasione per fermarsi davanti alle guerre ancora in corso, coltivando la speranza e l'impegno per la pace.

Il programma
La manifestazione, promossa dalla Comunità di Sant'Egidio, in collaborazione con il Comune e la Diocesi di Livorno, l'Istituto Storico della Resistenza e dell'età contemporanea, avrà inizio alle 17.15 in piazza del Municipio, attraverserà poi le vie del centro in un percorso a tappe in cui saranno presenti le testimonianze di anziani, ragazzi e famiglie sfuggiti alle guerre di ieri e di oggi, e quelle di chi, dalla Tunisia alla Siria, chi ha cercato la pace. Al termine, alle 18.30 l’omaggio alle vittime di tutte le guerre sugli Scali d’Azeglio, presso la cantina del Fosso Reale in cui durante la seconda guerra mondiale centinaia di persone rimasero uccise dallo scoppio di una bomba, caduta sulla strada sovrastante.

La partecipazione delle scuole
Parteciperanno alla manifestazione le Scuole Benci, Bini, d’Azeglio, Pistelli e Thouar, che nei giorni scorsi hanno ospitato una lezione “speciale”: più di cinquecento bambini e ragazzi delle scuole livornesi, hanno ascoltato dai racconti degli anziani e di chi oggi fugge dai conflitti, la follia della guerra, il sogno della pace.

Il tema di quest'anno
Il tema di quest'anno è il rifiuto assoluto della guerra, ora che, con l'aggravarsi e il moltiplicarsi delle situazioni di conflitto e di violenza, essa tenta di invadere, dopo terre e politiche, anche le coscienze.
Negli ultimi anni infatti, la “cultura della guerra” si è diffusa in Europa grazie anche all'incessante propaganda dei Paesi coinvolti nei conflitti, al persistente clima di allarme e di paura, alle “politiche dell'odio e dei muri” davanti al massiccio esodo di chi le guerre le fugge per non uccidere o non essere ucciso. La sua accettazione cresce nel Nord del mondo, passando dalla mancanza di iniziativa politica, alla corsa al riarmo e alle forniture speciali di armi, fino ad arrivare al triste “decreto dell'impossibile” che si iscrive progressivamente nella mentalità comune: “non è possibile fare niente”. In altri Paesi del Sud e dell’Est del mondo invece, soprattutto le generazioni più giovani vengono educate alla violenza ed obbligate alla guerra: sin dall'infanzia nel caso di gruppi terroristici, milizie paramilitari e di guerriglia, con sistemi di “arruolamento” permanenti e indiscutibili nei regimi dittatoriali o simili.

Ricordare o conoscere gli orrori della guerra per educare alla pace, non solo i bambini ma tutti, significa molto. Custodire la pace, così come cercarla è più che mai necessario. Che non si possa fare niente per fermare la guerra, non solo non è vero ma è tutto da dimostrare. C'è chi lo ha fatto. In Italia, molti anni fa. Oggi, nella maggior parte dei Paesi del mondo. Sono “i Giusti della pace”, quelli che indicano la strada da percorrere, le scelte da fare, nei momenti o nei tempi di grande disorientamento.