Mitezza, umorismo e audacia. La visita e l'omelia di mons. Angelo De Donatis, vicario del papa per la diocesi di Roma

Mc 12, 13-17

Ieri, 5 giugno, la Comunità ha ricevuto la visita di mons. Angelo De Donatis, vicario del papa per la diocesi di Roma. Dopo l’incontro con gli studenti della Scuola di lingua e cultura  italiana e con alcuni malati ospitati nella casa di Via Anicia, l’arcivescovo (e futuro cardinale) ha presieduto la preghiera serale della Comunità nella basilica di santa Maria in Trastevere.

“Siamo molto lieti questa sera di darle il benvenuto e di accoglierla nella prima visita che fa alla Comunità come vicario, anche se ci ha incontrato ed è stato qui tante volte, ci ha incontrato in tanti luoghi e quartieri di Roma – ha detto nel suo saluto Andrea Riccardi - La nostra gioia è la gioia di una Comunità romana, che trae la sua apertura all’universalità proprio dal fatto di essere romana. Giovanni Paolo II diceva che sant'Egidio è una comunità di Roma e anche fuori Roma porta sempre qualcosa di Roma. E qui nel cuore della Roma antica noi portiamo anche i dolori della periferia, le sofferenze della vita quotidiana ma anche la gioia di vivere una Chiesa che risorge in luoghi antichi”.


Riportiamo ampi stralci dell’omelia di mons. Angelo De Donatis sul Vangelo di Marco (12, 13-17)
 
Prima di tutto un grazie grande a tutti voi per questo invito a condividere la preghiera questa sera insieme. Grazie ad Andrea per le affettuose parole di saluto. Sono contento, veramente, lo dico con tutto il cuore.
Cosa ci consegna la Parola oggi? Riascoltando questo Vangelo ho sentito ancora polemica, ancora tentativi di inganno, ancora durezza di cuore. Pensiamo ai Vangeli di questi giorni che abbiamo ascoltato. Però Gesù è molto chiaro: Quello che è di Cesare rendetelo a Cesare.
Però noi sappiamo che c’è qualcosa che è iscritto nel cuore stesso dell’uomo, c’è qualcosa che orienta la sua vita in questo mondo, qualcosa che lo libera da ogni forma di potere, anche da quello politico. E l’uomo che porta in sé l’immagine di Dio appartiene a Dio, in modo radicale, più che il denaro.
Allora è questa appartenenza alla sovranità di Dio che fonda la piena sovranità dell’uomo, all’interno delle strutture che regolano anche la vita di questo mondo.
Sento molto davanti a questa parola il messaggio di vivere in questo mondo senza paura. E’ il messaggio che mi hanno lasciato anche gli amici che ho visitato poco fa: vivere senza paura, sapendo apprezzare tutto quello che è buono.
Siamo chiamati a servire in questo mondo con umiltà e con tanta gioia per trasmettere la bellezza del Vangelo.
In questo pellegrinaggio con lo sguardo fisso sul volto del padre, sento che dobbiamo essere un po' attrezzati, cioè che nel nostro zaino ci deve essere qualcosa anche che ci aiuti a camminare bene. E io vi comunico quelle che sono le dimensioni che mi stanno aiutando in questo momento anche della mia vita e che attingo dall’esortazione apostolica di papa Francesco, Gaudete et exsultate, che è un capolavoro. Penso che la stiamo meditando in questo periodo.
Al capitolo 4 di questa lettera io ho trovato queste dimensioni che mi aiutano a fissare lo sguardo sul Signore tutti i giorni. Ve ne riporto solo tre, perché sono quelle su cui mi sono fermato in quest’ultimo periodo a meditare. Ecco per papa Francesco ci sono tre punti che sono fondamentali per il cammino della vita vissuta in una dimensione di santità naturale, quotidiana. Questi punti sono: la mitezza, l’umorismo e l’audacia.
Sono fondamentali tutti e tre per il nostro cammino. Ho pensato alla mitezza: perché è importante per il nostro cammino? Perché è un frutto dello spirito di cui abbiamo tanto bisogno nelle nostre comunità. Non basta essere competenti, non basta essere organizzati, ci vuole soavità. Dobbiamo vigilare per non essere contagiati da una cultura che impone di avere per forza un nemico per sentirsi vivi.
Noi sappiamo che possono nascere tensioni a causa di tante situazioni che riguardano la diversità di età, di cultura, di formazione, anche se ho visto con i miei occhi, nella scuola per gli immigrati che ho visitato, la bellezza della diversità. Ma ci possono essere le tensioni per tanti motivi, anche per il momento stesso che stiamo vivendo: chi la vede in un modo, chi la vede in un altro. Come ne usciremo da queste situazioni? Non alzando la voce l’uno contro l’altro, non può essere questa la strada. La mitezza è il dono che ci rende cordiali verso le differenze. Veramente la soavità ci rende pazienti verso i tempi degli altri. Ecco la grazia che noi chiediamo per poter vivere il nostro viaggio con lo sguardo rivolto al Signore. La dimensione della mitezza è indispensabile: Imparate da me che sono mite e umile di cuore. Un invito che vogliamo vivere nel nostro cammino quotidiano.
La seconda dimensione è l’umorismo. Papa Francesco non solo lo scrive questo ma lo testimonia. Devo dire che mi sorprende con questa dimensione veramente, autenticamente spirituale, perché non è un dono di natura, è un dono legato alla fede. Significa: c’è sempre una capacità di sguardo per cogliere delle angolature che gli altri non sanno cogliere, perché chi ha un padre nel cielo sa ridere delle cose della terra. Veramente l’umorismo è un privilegio divino. E quanto è bello avere nelle nostre comunità delle persone che non soltanto servono, non soltanto organizzano, non soltanto sanno prendersi delle responsabilità, non soltanto sanno fare i conti, non soltanto studiano ma persone che sanno anche smitizzare, far sorridere le tensioni con una battuta. Queste persone sono un dono della provvidenza. L’umorismo nella vita cristiana sa una cosa semplicissima: l’umorismo cristiano sa che Dio solo è buono. Quindi è bello pensare anche a questa dimensione per tenere fisso lo sguardo sul Signore mentre camminiamo.
Terzo e ultimo aspetto che sento molto forte: l’audacia. Perché lo Spirito Santo dona sempre l’audacia. Io penso sempre che alle origini della Comunità di Sant'Egidio quanta audacia c’è stata! Cos’è l’audacia? Per papa Francesco il contrario dell’audacia è l’abitudinarietà, è l’ovvietà e la ripetitività stanca. C’è un solo rimedio a questa situazione: l’amore. Chi rimane innamorato di Dio, chi rimane innamorato e lo cerca, e cerca Dio, non vive con il freno a mano tirato. Sembra scontato essere innamorati di Dio, però non è così.
Ci possono essere dei dubbi. Perché nascono questi dubbi dopo un po' di anni? Un amore forte e poi nasce una tiepidezza? Perché avviene questo nella nostra vita? Guardate dall’esperienza mi sembra di poter ricavare una risposta: nella vita abbiamo seguito i nostri progetti privati, allora aumenta il rischio che nell’età matura ci ritroviamo nel tunnel del disincanto, della svogliatezza, della tiepidezza.
Ecco allora il grande segreto che possiamo veramente fare nostro: più siamo abbandonati al progetto di Dio più siamo capaci di audacia, più ci consegniamo e più siamo capaci di guardare al futuro, più siamo ricettivi di fronte alla grazia e più possono essere fatte cose grandi.
La santità dell’audace è sempre frutto dell’abbandono. Quando vogliamo programmare tutto noi, puntualmente vengono mille paure che ci paralizzano.
Nella preghiera di questa sera, continuando il desiderio di vivere da figli, quindi nella libertà di essere figli, con lo sguardo rivolto al Padre mentre amiamo questo mondo, attrezziamoci con questi doni dello Spirito Santo che papa Francesco ci ha ricordato proprio per quanto riguarda il cammino della santità, l’umorismo e l’audacia.