Papa Francesco, don Marco Gnavi: ''La Parola è quel collirio che unge gli occhi e fa vedere chi ha bisogno''

Padre Santo, cari fratelli e care sorelle, com’è vero che la Parola di Dio è lampada ai nostri passi. Facciamo festa con lei per questo dono che ci accompagna sin dall’inizio. Quando eravamo giovani, nel 1973, questi stessi brani dal Vangelo di Luca ci furono commentati da un amico, un pastore valdese, Valdo Vinay, ora scomparso. Volle leggere assieme il racconto del buon samaritano e Marta e Maria, spiegando con profondità evangelica ciò che cercavamo di vivere: il legame inscindibile fra l’ascolto della Parola e l’amore per i più poveri.

Il dottore della Legge chiese a Gesù. “Chi è il mio prossimo?”. Voleva giustificarsi, ma forse aveva anche smarrito il contatto con l’altro. Qualche volta a concentrarsi troppo o solo sulla legge o sulla teologia si diventa miopi: non si vede l’altro. Un autore italiano parla di “morte del prossimo” come di una seria malattia sociale di oggi. Così cresce la distanza. Il cuore s’inaridisce e non si riesce più a compatire se non i propri dolori. In un mondo globalizzato e dallo sguardo planetario, s’ignora tante volte chi soffre vicino e il prossimo lontano.

Chi è il mio prossimo? Alla fine si resta soli con se stessi e le proprie idee. Per questo – credo –Gesù costringe il dottore della Legge a scendere idealmente per strada, fra Gerusalemme e Gerico, dove soffre un uomo invisibile ai più, mezzo morto ai lati di una strada trafficata.
Qui, e non al chiuso del tempio o in una sacrestia, avviene l’incontro con il samaritano, straniero alle abitudini religiose del levita e del sacerdote e alla fretta delle loro agende. Lui ebbe compassione dell’uomo mezzo morto. Si espose al rischio di una strada infestata dai briganti e dette gratuitamente del suo; se ne prese cura  responsabilmente e creativamente fino a stimolare l’aiuto altrui con il genio della carità. Il ferito non chiese nemmeno un miglio e lui percorse tutti quelli necessari alla sua cura.

Ora, comprendiamo meglio l’invito di Gesù: “Fai lo stesso e vivrai”. Fare ciò che farebbe il samaritano, e infine, ciò che ha fatto il Signore Gesù. Essere simile a lui. Ma com’è possibile, se siamo così contradditori, se vediamo solo noi stessi e il nostro interesse?
Per “fare lo stesso”, per essere simili a lui, bisogna andare alla scuola del Signore. Ecco Maria. Una donna piccola, la cui grandezza è racchiusa in un gesto: si siede ai piedi di Gesù, quando va a casa sua. Lo ascoltò e così scelse “la parte migliore”. Gesù aggiunge: “non le sarà tolta”. Nessuno mai ci potrà togliere la Parola di Gesù! La Parola è lampada ai nostri passi e illumina per noi il volto dei sofferenti. La Parola è quel collirio che unge gli occhi e fa vedere chi ha bisogno. La Parola ci strappa all’impotenza, ci dona intelligenza dell’amore, illumina gli occhi e la mente. Maria ha scelto la parte migliore: la Parola di Gesù, ma anche il povero. Chi ascolta la Parola e prega diventa amico dei poveri.

Marta è attiva,  ma concentrata su ciò che fa. Vive nel divorzio fra servizio e ascolto, tanto che alla fine rimprovera sua sorella e lo stesso maestro. Si sente giusta e non ha bisogno della grazia della Parola. Al contrario Maria intuisce che solo in Gesù ogni servizio trova forza e centro: è lui la fonte dell’amore. Maria ha bisogno della scuola del Maestro: si siede ai suoi piedi, come fanno solo i discepoli, lei che non ne avrebbe avuto diritto perché donna.  
Oggi, grati e stretti insieme a Papa Francesco, chiediamo nella preghiera fiduciosa che il Signore ci conceda sempre di tornare ai suoi piedi e di vivere una compassione larga per i  fratelli più feriti, sapendo che a lui tutto è possibile. La sua Parola è potente e, se accolta, non tornerà senza avere irrigato la terra con frutti di solidarietà, senza avere trasformato la storia.