La pena di morte è inammissibile perché è un attacco all’inviolabilità e dignità della persona: Mons. Paul Richard Gallagher

XI Incontro Internazionale dei Ministri della Giustizia

Intervento di S.E. Mons. Paul Richard Gallagher, Segretario per i Rapporti con gli Stati

Eccellenze,
Distinte autorità,
Signore e Signori,
Sono grato per l’invito a prendere parte a questo importante incontro sulla pena di morte. In modo particolare ringrazio cordialmente…, per le sue cortesi parole di benvenuto.

Come si sa, non sono pochi gli Stati che tuttora riconoscono o applicano la pena di morte, ma va rilevato che sono più numerosi gli Stati che l’hanno abolita oppure adottato una moratoria sulla pena capitale. L’incremento del numero dei Paesi che hanno appoggiato la Risoluzione sulla moratoria delle esecuzioni, durante le recenti votazioni al Terzo Comitato dell’Assemblea Generale dell’ONU del 13 c.m., è segno dello sviluppo della consapevolezza che detto strumento potrebbe essere sostituito con altri mezzi più efficaci e meno brutali.
Anche nella Chiesa, questo sviluppo ha conosciuto il suo proprio iter. Nell’esperienza umana e nella tradizione cattolica l'applicazione della pena di morte da parte della legittima autorità e dopo un regolare processo è stata a lungo ritenuta un mezzo estremo, ma legittimo per tutelare il bene comune. Tuttavia, nel XX secolo c’è stato uno sviluppo significativo nella posizione della Chiesa cattolica sulla pena di morte: fino alla seconda metà del ‘900 non c’erano dubbi sulla legittimità della pena capitale; il Catechismo della Chiesa cattolica del 1992 prende invece una posizione più cauta quando al n. 2267 dice: “Se ... i mezzi incruenti sono sufficienti per difendere dall'aggressore e per proteggere la sicurezza delle persone, l'autorità si limiterà a questi mezzi, poiché essi sono meglio rispondenti alle condizioni concrete del bene comune e sono più conformi alla dignità della persona umana”. Alcuni anni dopo, nella sua Lettera enciclica Evangelium vitae San Giovanni Paolo II precisa, in modo più restrittivo, che si fanno strada tendenze che costatano “un’applicazione molto limitata”, oppure che chiedono fondamentalmente l’abolizione della pena di morte. Anche se l’Enciclica - come il Catechismo - menziona la legittimità della pena capitale in “casi di assoluta necessità” come ultimo mezzo per la protezione della società, essa poi afferma che “questi casi sono ormai molto rari se non addirittura quasi inesistenti”. In tal modo, seguendo lo sviluppo nell’insegnamento della Chiesa, nell’Evangelium vitae si trova una posizione indubbiamente chiara contro la pena di morte, secondo la quale “neppure l’omicida perde la sua dignità personale e Dio stesso se ne fa garante”.
In seguito, San Giovanni Paolo II è intervenuto ripetutamente contro la pena di morte. Nel Messaggio natalizio del 1998, egli auspicava “nel mondo il consenso nei confronti di misure urgenti ed adeguate ... per bandire la pena di morte”. Il mese successivo, in America, egli ripeteva: “Un segno di speranza è costituito dal crescente riconoscimento che la dignità della vita umana non deve mai essere negata, nemmeno a chi ha fatto del male. La società moderna possiede gli strumenti per proteggersi senza negare in modo definitivo ai criminali la possibilità di ravvedersi (cfr. Evangelium vitae, n. 27). Bisogna porre fine all'inutile ricorso alla pena di morte!” Tale spinta ad impegnarsi per l’abolizione della pena di morte è continuata con Benedetto XVI e con Papa Francesco.
Benedetto XVI richiamava “l'attenzione dei responsabili della società sulla necessità di fare tutto il possibile per giungere all'eliminazione della pena capitale”. E successivamente auspicava ad un gruppo di fedeli che “le vostre deliberazioni possano incoraggiare le iniziative politiche e legislative, promosse in un numero crescente di Paesi, per eliminare la pena di morte e continuare i progressi sostanziali realizzati per adeguare il diritto penale sia alle esigenze della dignità umana dei prigionieri che all'effettivo mantenimento dell'ordine pubblico”.
In questa stessa prospettiva, Papa Francesco ha ribadito che la Chiesa sostiene la necessità di valutare in modo più approfondito le sanzioni penali applicate in sede giudiziaria, per finalità di tutela del bene comune, nei confronti di chi abbia commesso un reato. Esse sono chiamate a “vincere il male con il bene” (Rm 12,21), e, pertanto, dovranno configurarsi non come ritorsione, ma come percorsi o strumenti volti a recuperare il riconoscimento della giustizia attraverso la responsabilizzazione della persona che abbia trasgredito la legge, nonché promuovendo la riparazione e la riconciliazione.
Papa Francesco ha inoltre sottolineato che la pratica legislativa e giudiziaria dell'autorità statale deve sempre essere guidata dal “primato della vita umana e dalla dignità della persona umana”. Ha ammonito che esiste “la possibilità di errori giudiziari e l'uso fatto da regimi totalitari e dittatoriali ... come mezzo per sopprimere la dissidenza politica o per perseguitare minoranze religiose e culturali”.

Per questo, è bene evitare la detenzione quando non sia indispensabile, favorendo il ricorso ai mezzi non detentivi e, comunque, nella misura del possibile, permettendo di continuare a “progettare un futuro in libertà” per i destinatari di provvedimenti penali. Ovviamente, tali provvedimenti non possono sostituire il dovere di contrastare i fattori economici, culturali e sociali che favoriscono la criminalità, né l'impegno dell'intera società in favore delle vittime di reati. Quindi, il rispetto della dignità di ogni persona umana e il bene comune sono i due pilastri su cui la Santa Sede ha sviluppato la sua posizione. Questo è esattamente ciò che sottolinea la nuova versione del Catechismo della Chiesa Cattolica sulla pena di morte quando afferma che “la Chiesa cattolica insegna, alla luce del Vangelo, che "la pena di morte è inammissibile perché è un attacco all’inviolabilità e dignità della persona" e lavora con determinazione per la sua abolizione in tutto il mondo”. Si tratta, infatti, di un invito a tutti i Vescovi e fedeli della Chiesa cattolica, di impegnarsi decisamente, anche attraverso un rispettoso e sereno dialogo con le autorità politiche, affinché sia favorita una mentalità che riconosca il valore intangibile di ogni vita umana e vengano create le condizioni che consentano di eliminare l'istituto giuridico della pena di morte.
Eccellenze,
Signore e Signori,

Come potete dedurre, nel secolo scorso la Santa Sede ha costantemente cercato l'abolizione della pena di morte e negli ultimi decenni questa posizione è diventata più chiaramente articolata. In effetti, come ho spiegato prima, vent'anni fa, la questione era inquadrata nel giusto contesto etico di difesa della dignità inviolabile della persona umana e del ruolo dell'autorità legittima di difendere in modo giusto il bene comune della società.
A livello pratico, la Santa Sede si è impegnata costantemente per l’abolizione della pena capitale attraverso sia le attività della Curia Romana, soprattutto la Segreteria di Stato e il Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, sia il lavoro delle Missioni Permanenti presso le Organizzazioni Internazionali e Regionali. Detto impegno si è concretizzato sia nei colloqui bilaterali sia negli interventi e dichiarazioni nei forum internazionali, regionali e quelli organizzati da Organizzazioni Non Governative e privati, come questo evento. Vale la pena ricordare qui l’ininterrotta partecipazione della Santa Sede ai Congressi Mondiali contro la Pena di Morte, e intende partecipare anche al settimo Congresso, che si svolgerà a Bruxelles (27 febbraio-1° marzo 2019). Personalmente, in qualità di Osservatore Permanente della Santa Sede presso il Consiglio d’Europa, ho avuto l’occasione di prendere parte al primo Congresso, (Strasburgo) con la presenza della Sig.ra Danielle Mitterrand.
Eccellenze,
Signore e Signori,
Ad una più profonda considerazione, nelle circostanze sociali odierne la pena di morte appare “contraria al significato dell'humanitas e alla misericordia divina”, e “implica un trattamento crudele, disumano e degradante”, quali che siano le modalità dell'esecuzione. Va inoltre rifiutata “a motivo della difettosa selettività del sistema penale e di fronte alla possibilità dell'errore giudiziario”. La pena di morte inoltre non può essere giustificata oggi come ipotesi di legittima difesa. “Quando si applica la pena di morte - infatti - si uccidono persone, la cui capacità di recare danno non è attuale, ma è già stata neutralizzata, e che si trovano private della propria libertà”.
Il Santo Padre Francesco esprime il proprio ringraziamento a tutti coloro che si adoperano per rendere “un mondo libero dalla pena di morte e per il loro contributo volto a stabilire una moratoria universale delle esecuzioni in tutto il mondo, al fine di abolire la pena capitale”. In modo particolare, vorrei esprimere la mia gratitudine alla Comunità di San Egidio per il suo impegno a favore di una moratoria universale delle esecuzioni e anche per aver organizzato quest’evento.
Signore e Signori,

L'abolizione universale della pena di morte sarebbe una coraggiosa riaffermazione della convinzione che il genere umano possa avere successo nell'affrontare il crimine e il nostro rifiuto di soccombere alla disperazione davanti al male, offrendo al criminale la possibilità di correggersi.

Grazie!