Il Presidente del Senato riceve i Ministri della Giustizia con Sant'Egidio #penadimortemai #stand4humanity

Il saluto di Maria Elisabetta Alberti Casellati

Oggi i Ministri della Giustizia partecipanti all'XI Incontro Internazionale "Un mondo senza Pena di Morte" e una delegazione della Comunità di Sant'Egidio guidata da Marco Impagliazzo, sono stati ricevuti a Palazzo Giustiniani dal Presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati.

Riportiamo il suo saluto:

Presidente IMPAGLIAZZO, Autorità, Signore e Signori,
    è per me motivo di grande orgoglio potervi incontrare in queste giornate cariche di impegni e di aspettative sul fronte dell'abolizione della pena di morte.
    Ho deliberatamente usato la parola "fronte" perché ritengo che quella contro la pena capitale sia una vera e propria battaglia che abbiamo il dovere di combattere, fino alla fine, con il massimo impegno e tutte le risorse disponibili.
    La pena di morte rappresenta il retaggio di una cultura giuridica in cui l’interesse punitivo dello Stato, a protezione di sé stesso o della collettività, è posto al di sopra della tutela del valore primario della vita umana.
Fortunatamente, il sempre più ampio processo di integrazione tra culture, società, economie, religioni e ordinamenti giuridici, sta favorendo il superamento di tale prospettiva e orientando le Nazioni verso una concezione di Stato e di ordinamento giuridico fondati sul riconoscimento e l’assoluto rispetto dei diritti inviolabili dell’essere umano, di cui quello alla vita rappresenta la massima espressione.
In questa battaglia, assumono un valore particolarmente significativo anche le attività di assistenza ai condannati e di vigilanza e denuncia delle condizioni talvolta disumane in cui si consuma la detenzione che precede l’esecuzione della sentenza; attività quotidianamente poste in essere, sui territori, da associazioni come la Comunità di Sant’Egidio a cui rivolgo i miei più affettuosi auguri per il suo 50° anniversario.

Fondamentale è poi il lavoro da queste svolto come interlocutori ai più alti livelli istituzionali e diplomatici, per mantenere alta l’attenzione dei Governi e delle Organizzazioni internazionali sulla drammatica attualità di una questione in relazione alla quale – per ricordare le recenti parole del Santo Padre  – “rimanere oggi neutrali … ci renderebbe più colpevoli” poiché “a nessuno può essere tolta non solo la vita, ma la stessa possibilità di un riscatto morale ed esistenziale che torni a favore della comunità”.
Sono passati più di dieci anni da quando, il 18 dicembre 2007, l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha approvato, su proposta dell'Italia, con 104 voti a favore, 54 contrari e 29 astenuti, la prima moratoria universale sulla pena di morte.

Nelle successive votazioni, il numero delle Nazioni che vi hanno aderito è progressivamente cresciuto, fino ai 123 "sì" raccolti lo scorso 13 novembre dalla nuova proposta di moratoria votata dalla Terza Commissione dell’Assemblea Generale dell’ONU.
Per arrivare a quel primo voto fu tuttavia necessario perseguire con tenacia una lunga e difficile opera di persuasione diplomatica in cui – consentitemi di ribadirlo - il ruolo svolto anche dalla Comunità di Sant'Egidio, accanto a quello dei Governi proponenti, fu assolutamente determinante: come non ricordare le oltre tre milioni di firme raccolte a sostegno della moratoria e consegnate all'allora segretario generale Kofi Annan.

Sia chiaro, la moratoria non rappresenta un compromesso.
Al contrario, essa ha una duplice valenza strategica. Da un lato, infatti, la sospensione delle esecuzioni consente di ottenere immediati effetti concreti sul fronte della tutela della vita umana. Dall’altro lato, pone le migliori condizioni per avviare un confronto con i Paesi più restii a sopprimere la pena di morte dai propri ordinamenti giuridici.
Un dialogo certamente complesso e articolato, in cui occorre rapportarsi con tradizioni profondamente radicate nel tessuto culturale e sociale di alcuni Paesi o con la loro particolare situazione politica. Inquinato ultimamente dal sempre più diffuso clima di paura e di instabilità, indotto dalla violenza del terrorismo internazionale.

    Ciò nonostante, nessuna diplomazia, risoluzione o raccomandazione internazionale può dirsi pienamente efficace se non è costantemente accompagnata e sostenuta da una capillare attività di sensibilizzazione sul valore primario e assoluto della vita umana.
   
Ben vengano quindi iniziative come quella di ieri, frutto di una sinergia consolidata tra la Comunità di Sant’Egidio e il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, unitamente alla confederazione Svizzera e all’Organizzazione internazionale della Francofonia, in relazione alle quali questa Presidenza avrà sempre un’attenzione particolare:

-    perché rappresentano un significativo momento di dialogo costruttivo tra Paesi abolizionisti di diritto o di fatto con le altre Nazioni che ancora mantengono e applicano la sanzione capitale, pur sempre su un piano di parità e nel rispetto delle differenti culture e realtà socio-politiche;
-    perché costituiscono un prezioso laboratorio di idee in cui, attraverso il confronto di diverse esperienze, può essere possibile elaborare efficaci strategie di azione e di comunicazione;
-    perché hanno il pregio di tenere alto l’interesse generale su una questione la cui soluzione non esprimerebbe soltanto l’affermazione del primato assoluto della vita umana, ma significherebbe il raggiungimento di un traguardo decisivo nel comune percorso di pace e sviluppo tra i popoli.

    Ben vengano altresì iniziative, come quella in programma domani sera quando - nell'anniversario della prima abolizione formale della pena capitale, ad opera del Granduca di Toscana nel 1786 - si svolgeranno iniziative in oltre 2200 città in tutto il mondo e saranno illuminati centinaia di monumenti in un'unica bellissima rete di luce.

Sarà un segno, dall'alto valore simbolico, di adesione alla Giornata Mondiale delle Città per la Vita contro la pena di morte volto a trasmettere alla collettività e soprattutto alle nuove generazioni il messaggio di una giustizia rispettosa della dignità umana e capace di rinunciare definitivamente alla pena capitale.

    Vi voglio infine salutare ricordando le parole del Presidente Impagliazzo in occasione dell'apertura del Congresso dei ministri della giustizia dell'anno scorso: "Difendere la vita di un condannato è difendere la vita di tutti, anche la mia, anche la nostra, è difendere la bellezza e l'onore del vivere".
    Grazie di essere qui.
    Grazie del vostro impegno.