«Il lavoro ci ha salvati dalla strada» Una storia di integrazione sul quotidiano "Il Giorno"

Salah, quando è arrivato a Milano, nel 2018, non conosceva una parola di italiano. Il ricordo delle notti trascorse allo sbando, prima di trovare un approdo nella comunità di Sant’Egidio, è ancora vivo. Adesso lavora come operaio in una ditta di Liscate, la Digierre Inox, assunto con un contratto di apprendistato che gli permette di guadagnare abbastanza per vivere a Milano e pagare l’affitto. Essa e Ba, il primo originario del Gambia e il secondo del Senegal, hanno trovato un impiego nei magazzini di una catena di negozi, passaporto per ottenere il permesso di soggiorno e il diritto di vivere in Italia. Sono tre ex minori non accompagnati, partiti dalle coste africane e arrivati in Italia da soli, che raggiunta la maggiore età sono riusciti a conquistare l’autonomia e a uscire dal circuito dell’accoglienza.

Si sono stabiliti a Milano, mentre tanti altri loro compagni di viaggio sono spariti dai radar, forse nel tentativo di raggiungere parenti nel Nord Europa. Per i minorenni l’accoglienza è garantita ma, spiega un operatore della Comunità di Sant’Egidio, «la fase critica inizia dopo i 18 anni», quando escono dai centri e rischiano di andare alla deriva. I numeri sono da tempo in calo rispetto agli anni dell’emergenza immigrazione. Ma restano problematiche da gestire. Secondo gli ultimi dati del ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, relativi a settembre, la Lombardia ospita 839 minori non accompagnati, il 12.3%
del totale nazionale. La stragrande maggioranza è composta da maschi, tra 16 e 17 anni, con Albania, Egitto e Pakistan come primi tre Paesi di provenienza. E sono circa 500 all’anno i ragazzi che vengono accolti dai servizi del Comune di Milano, in collaborazione con associazioni laiche e religiose.

«Sono arrivato a Milano il 2 dicembre 2018 - racconta Salah Cherkaoui, marocchino - un mio connazionale mi ha indirizzato verso la comunità di Sant’Egidio, dove ho trovato un tetto e persone che sono diventate la mia famiglia. Ho frequentato le scuole, dal primo ottobre lavoro alla Digierre. Presto riuscirò a mandare soldi ai miei parenti in Marocco». Salah condivide una casa con il gambiano Essa e il senegalese Ba, messa a disposizione da Fondazione Progetto Arca con affitto calmierato in largo Caccia Dominioni. Ba, dopo la traversata del Mediterraneo, ha vissuto per un periodo in una comunità per minori a Catania. Poi, divenuto maggiorenne, si è spostato a Milano. «Non conoscevo nessuno - racconta - dormivo per strada e chiedevo la carità. Ho trovato posto al dormitorio della Caritas, e a piccoli passi ho iniziato un percorso che mi ha portato a integrarmi e a trovare un lavoro». Essa, invece, di lavori ne ha cambiati tanti. Quasi tutti precari e pagati male. Adesso è arrivata una buona chance. Fa il magazziniere e, nel tempo libero, coltiva la passione per il ballo e il calcio nella squadra di Trezzano sul Naviglio.

«Per l’integrazione il lavoro è tutto - spiega Mimma Gallina, una delle milanesi che accolgono i ragazzi seguiti dalla Comunità di Sant’Egidio - noi possiamo offrire loro una casa, e l’affetto di una seconda famiglia».

Articolo di Andrea Gianni sul quotidiano Il Giorno

 

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